Comincia l’anno ancora una volta in Germania la Compagnia de Calza «I Antichi», al Deutsches Theater di Monaco di Baviera, con lo spettacolo Il Gran Gioco dell’amore e della morte. Mentre una pioggia di polemiche travolge Venezia, gli Antichi inarrestabili esportano con successo il Carnevale a Palermo in un blitz memorabile, mettono in scena alla Pescheria di Rialto due feste-spettacolo, Il Gran Ballo dell’Osso Grosso dedicato alla traslazione immaginaria delle ossa di Giacomo Casanova, e il trasgressivo Besame mucho, besame macho. A marzo traslocano invece l’ormai celebre Ombralonga ad un congresso per studiosi di tutto il mondo, e a maggio ripropongono nel rio di Cannaregio la Giostra cavalleresca su barche con cinquanta giostratori francesi di Sète. Il successo è tale che la manifestazione viene riproposta in settembre alla Regata Storica, in tre punti del Canal Grande, e nell’isola di Murano. Novità anche al redentore, dove gli Antichi mettono in scena in Canal Grande e alla Punta della Salute l’avveniristico spettacolo Le Sirene liberamente ispirato all’Odissea. Altre iniziative dell’annata: il ritorno a Bergamo dell’antico stendardo di San Marco, e la presentazione del libro di poesie erotiche di Mario Stefani a San Maurizio.
1988 - Il Gran Gioco dell’amore e della morte
COM’È ormai diventata una piacevole tradizione, la Compagnia de Calza «I Antichi» apre l’anno in Germania, tornando ancora una volta, per iniziativa del Professor Elmar Zorn, al Deutsches Theater di Monaco di Baviera, uno dei più antichi e importanti teatri tedeschi di varietà, dove viene sempre accolta con grande calore ed entusiasmo. È anche l’anno della consacrazione culturale a tutto campo degli Antichi: l’autorevole quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung dedica infatti, nell’edizione del 21.1.1988, un ampio ritratto al Gran Priore degli Antichi Paolo Emanuele Zancopè, ritratto sorridente in una fotografia con il suo elegante foularino al collo, in cui l’inimitabile Zane Cope illustra le origini storiche e culturali della Compagnia e il suo modo, unico e originale, di interpretare la storia e le antiche feste veneziane.
Nel manifesto dello spettacolo, «Maskenfest der sinne», che ha per sottotitolo «Altvenezianisches spiel von liebe und tod», si vede una prosperosa signora discinta che fugge inseguita da uno scheletro che tenta di strapparle di dosso il mantello. Sulla scena, dov’è montato anche un grande Ponte del Trapasso, la parte più emozionante è rappresentata dall’ingresso della bellissima Kristel, la modella preferita del noto pittore «svedutista» veneziano Ludovico De Luigi, che fa il suo ingresso completamente nuda, distesa su una portantina sorretta a spalle dagli sbirri, mentre dei grossi topi vivi, delle autentiche pantegàne veneziane, le camminano e le corrono sul corpo, senza che lei dia segno di disagio o di paura. Un’apparizione meravigliosa e angosciante che ha lasciato tutto il pubblico con il fiato sospeso. I momenti più divertenti sono stati inscenati invece dalla Regina delle Cortigiane di Venezia, l’ormai celebre Contessa Mafalda Malpighi, che nell’eterna lotta tra l’amore e la morte ha spinto il pubblico, ovviamente, dalla parte dell’amore, invitando i presenti a celebrarlo come si deve. Subito e sul posto. L’impudente Contessa si aggirava infatti tra il pubblico distribuendo dei rosei certificati d’amore in cui lei personalmente attestava che la persona che riceveva il diploma aveva «fatto l’amore la notte del 20 genaro 1988 a Monaco di Baviera durante il gran ballo dell’amore e della morte».
Lo spettacolo viene raccontato così dal quotidiano La Nazione del 23.1.1988, in un articolo dal titolo: «Carnevale: Venezia a Monaco, grande successo»: «In attesa che si definiscano competenze e programmi tra comune e azienda di promozione turistica circa il futuro del carnevale veneziano, a Monaco di Baviera si sono aperte per la terza volta con l’intervento del gruppo veneziano «Compagnia de Calza i Antichi», le manifestazioni del più importante carnevale tedesco. Al Deutsches Theater di Monaco il gruppo veneziano ha ripresentato «Il gran gioco dell’amore e della morte», un tema ispirato ai grandi fasti della Serenissima. Abbandonati per una volta i lumi, le dame, i cicisbei del ’700, I Antichi hanno compiuto un viaggio nel rinascimento, riproponendo alcune situazioni tipiche di quel periodo. «Con grande rigore filologico – ha rilevato il Priore de «I Antichi» Paolo Zancopè – ma anche con la rilettura critica o per meglio dire ironica che ci è congeniale». Per fare questo sono stati messi a confronto in una sorta di gioco con il pubblico due temi, quello dell’amore e quello della morte, con tutte le implicazioni antitetiche che danno luogo ad avvenimenti divertenti ed imprevisti come avveniva all’epoca.
La grande platea del teatro tedesco, capace di 4.000 posti, è stata trasformata in una corte rinascimentale popolata di misteriosi personaggi, con due punti di attrazione: un enorme ponte che attraversava il palcoscenico nel senso della sua larghezza, e dalla parte opposta un castello d’amore. Due «squadre» in perenne conflitto tra loro, si contendevano i favori del gruppo, quella della morte che cercava di tradurre «a forza» più spettatori possibile al di là del «ponte del trapasso», e quella dell’amore che tentava di attirare nel castello dell’amore tutti gli amanti del piacere. Tra i vari personaggi, oltre al pittore Ludovico De Luigi e alla sua modella Kristel, c’erano l’artista del corpo Giorgio Spiller, la geisha Agemaki, il clown Bob R. White, la chiromante Ada Balbi, il bekèr Gianni Matteucci, il funambolo Uka Kuka, i burattini di Fabio Di Rosa.
1988 - Un Carnevale di polemiche
Come spesso accade, è accaduto e accadrà nella storia della città, il Carnevale di Venezia del 1988 nasce tardi, anzi tardissimo, anche a causa della crisi della giunta comunale, con un cartellone molto modesto, programmato male e in fretta, e in un mare di polemiche. Le prime bordate arrivano all’inizio di gennaio, quando il Priore degli Antichi Paolo Zancopè, come annuncia Il Gazzettino del 5.1.1988, spara ad alzo zero contro gli organizzatori della kermesse. «Finché a fare il Carnevale ci saranno l’assessore Augusto Salvadori e il regista Bruno Tosi – attacca – sarà sempre un Carnevale di Stato, niente affatto spontaneo». Per questo Zancopè annuncia che la Calza quest’anno non parteciperà alle manifestazioni del programma ufficiale. «Non siamo mai stati interpellati – accusa il Priore – e comunque non metteremo di certo la nostra intelligenza al servizio di un Carnevale strumentalizzato per demagogia politica e promozione televisiva».
La querelle continua con uno scambio di accuse Zancopè-Tosi a colpi di lettere sulle pagine del Gazzettino, e in un convegno intitolato «Quale Carnevale?» che si tiene il 5 febbraio alla Camera di Commercio per iniziativa del Club di Venezia presieduto da Romano Chirivi, e al quale partecipano, con Zancopè, il regista Bepi Morassi, il docente di storia del teatro Carmelo Alberti, la studiosa di tradizioni veneziane Lina Padoan Urban, il giornalista del Corriere della Sera Sandro Meccoli.
La prima lettera polemica è di Tosi che, in risposta alle accuse lanciate da Zancopè in un incontro con i consiglieri del Comitato di Carnevale a Ca’ Farsetti, scrive, in una lettera pubblicata dal Gazzettino il 15.1.1988, che il Priore «ha fra i vizi primari quello di parlare a ruota libera», e che «la sua intelligenza è molto costosa», riferendosi alle richieste economiche avanzate dalla Calza per l’organizzazione di alcuni spettacoli. Zancopè risponde a stretto giro di posta, con una lettera pubblicata, sempre dal Gazzettino, il 16.1.1988, in cui apostrofa Tosi così: «Ella è troppo a buon mercato». «Quando nel 1986 – scrive Zancopè – a Ella fu affidata l’organizzazione degli esterni del Carnevale, La conoscemmo per la prima volta, per cui non conoscendoLa come ora La conosciamo, avremmo anche potuto (ahi noi) accettare di partecipare al di Lei Carnevale, ma il di Lei concetto di far cose scontate e a buon mercato ci ha fortunatamente esclusi. Della qual cosa sentitamente La ringraziamo, poiché oggi, se così non fosse stato, avremmo grande motivo di vergogna». Ma non finisce qui. Tosi replica ancora contro le «spropositate richieste di denaro per partecipare al Carnevale» da parte della Calza, e in un’altra lettera, pubblicata dal Gazzettino il 27.1.1988, scrive: «Non me ne volere, caro Zancopè, ma se io sono a buon mercato, tu sei troppo di bocca buona». E cita i versi pornografici, gli opuscoletti erotici, le passerelle delle cortigiane e «i pube nudi», invitando Zancopè a «farsi da parte», perché «tu rappresenti una situazione consolidata nel tempo».
1988 - Il Gran Ballo dell’Osso Grosso
Dissociatasi polemicamente dal Carnevale ufficiale (un’edizione «in sordina» l’hanno definita i giornali), la Calza, definita da La Nuova Venezia del 7.2.1988 «una delle poche realtà ancora autenticamente vive del Carnevale veneziano», organizza, in collaborazione con l’Associazione Veneziana Albergatori e l’Azienda di Promozione Turistica, due feste-spettacolo alla Pescheria di Rialto, dedicate al Gentil Foresto, cioè all’ospite straniero che si avvicina con rispetto e educazione alla città, alla sua storia e alla sua cultura. La prima di queste feste, sabato 6 febbraio, si intitola Il Ballo dell’Osso Grosso, ovvero tutto quello che resta delle ossa di Casanova. Una serata dedicata all’«osso» per eccellenza, quello che rese Casanova il più celebre dei libertini in tutte le maggiori corti d’Europa. Si tratta in realtà di uno scherzo carnevalesco, in piena sintonia con lo spirito sbarazzino della Compagnia, dedicato alla presunta traslazione delle inesistenti ossa del grande amatore dalla Polonia a Venezia. Tra torce e candele, in un ambiente tipicamente settecentesco, tra le musiche del gruppo Pastime si sono esibiti gli Joculatores tedeschi di Landshut, in Baviera, e i ballerini brasiliani della compagnia Batucadores di Chico Terto.
Cambio di epoca, invece, per la seconda festa del giorno dopo, domenica 7 febbraio, sempre in Pescheria, dove sono stati protagonisti gli anni trenta nella serata intitolata Besame mucho, besame macho, che ha ironizzato, fra giochi e scherzi col pubblico, sulla cultura maschilista dell’epoca. In una scenografia art-deco realizzata da Jurubeba Bomfim, si sono esibiti i musicisti dell’orchestra «Manuela» supportati dai tamburi ossessivi del danzatore brasiliano Chico Terto. «È accorsa moltissima gente – scrive Antonella Federici su Il Gazzettino dell’8.2.1988 – musiche indiavolate segnate dalle percussioni, padiglione per cibarie e molto movimento». «È stata la festa più riuscita» commenta La Nuova Venezia dello stesso giorno.
1988 - Grande Carnevale a Palermo
Mentre i festeggiamenti tramontano senza infamia né lode in laguna, la Calza vola in pompa magna a Palermo dove illustra il garanghelo veneziano da sabato 13 a martedì 16 febbraio nel «Grande Carnevale» organizzato dal comune palermitano, sindaco Leoluca Orlando, e diretto dallo studioso di teatro Giovanni Isgrò. Un finale di carnevale decisamente primaverile e un grande successo per la spedizione de I Antichi, accolta magnificamente. Sul Giornale di Sicilia di domenica 14 febbraio leggiamo: «Il doge de’ Nicolotti e Signora, il capitano Da Mar in compagnia del cartografo, il portastendardo: un ragazzino dallo sguardo triste per aver perso lo stendardo a Piazza Pretoria. E le cortigiane: Marina, Buranella, la procuratoressa, Patatina, Debora di Murano, Agemaki, il fascino dell’Oriente (una giapponesina di Tokyo), il pittore Francesco Guardi, l’alfiere in tenuta cinquecentesca, un Arlecchino femminuccia e, buona ultima, la regina Mafalda Malpighi, biondona dalle forme statuarie («Ma cu è Carmen Russo?» si è chiesto un omaccione, proprio sotto il palco). La colonna sonora è firmata dal «Past-time» veneziano; c’è anche una ragazza con la cetra; poco più in là, sopra un palchetto, due medici pazzi visitano i bambini più ribelli. Uno dei due, mentre imbocca un ragazzino terribile con delle caramelline pralinate, si becca anche un morso. Una signora tenta di conciliare l’utile al dilettevole: «Senta, ha qualcosa contro il diabete?» chiede all’esterrefatto dottore goldoniano. Le marionette bresciane di Fabio Di Rosa attirano l’attenzione dei più piccoli mentre un Nostradamus con gli occhiali spessi e la lunga barba bianca legge la mano circondato da lumini accesi e da una folla di superstiziosi».
1988 - L’ Ombralonga va a congresso
L’Ombralonga, una delle più celebri manifestazioni ideate dalla Compagnia de Calza «I Antichi» nei suoi 25 anni di storia, forse quella che vanta il maggior numero di tentativi (tutti mal riusciti) di imitazione, va a congresso, sempre in collaborazione con la casa vinicola Collavini di Corno di Rosazzo (Udine) guidata dal nobiluomo Manlio Collavini, partner storico degli Antichi. Succede venerdì 18 marzo 1988. Ecco come la racconta Il Gazzettino del giorno dopo: «Scoprire Venezia alla maniera dei veneziani e non, come spesso succede, dando un’occhiata frettolosa al panorama seduti tra tavoli imbanditi. È con questa convinzione che gli organizzatori di un simposio conclusosi ieri alla Fondazione Cini hanno deciso di dare l’arrivederci ai congressisti offrendo loro, l’ultima sera, una originale passeggiata enologica in alcuni locali caratteristici della città. Lungo questo percorso, battezzato ormai da tempo Ombralonga, la Compagnia de Calza «I Antichi» ha accompagnato ieri sera un centinaio di persone provenienti da tutto il mondo. I partecipanti al convegno, organizzato dal Cnr, dal Politecnico di Milano e da istituti di ricerca stranieri, sono partiti intorno alle 20 da campo San Maurizio, accompagnati dai soci della Compagnia con in testa il priore Paolo Zancopè, incaricati di portare questi ospiti a vedere Venezia così come la vedono gli Antichi. L’itinerario prevedeva una sosta al «Bacareto» di San Samuele e una seconda tappa agli «Assassini» nell’omonimo Rio Terà. Poi una puntatina da Dino, in Calle dei Fabbri, un’altra «Alla Botte» in Calle della Bissa, e da ultimo gran finale ai «Do Mori» a Rialto. Il tutto condito qua e là dai tipici cicchetti innaffiati con vino offerto dalla Collavini».
1988 - La Disfida su barche dei sestieri
Una nuova edizione della Disfida dei sestieri di Venezia su antiche barche da combattimento, si è svolta, per iniziativa degli Antichi, domenica 29 maggio nel Rio di Cannaregio. Nella spettacolare rievocazione, che si richiama alle antiche giostre cavalleresche su barche, si sono sfidati, armati di scudi e lance, i rappresentanti dei sei sestieri della città, Cannaregio, Dorsoduro, San Polo, Santa Croce, San Marco e Castello. Il torneo ha visto la partecipazione straordinaria di cinquanta giostratori della Societè des Jouteurs Sètois, provenienti dalla città francese di Sète nella Languedoc, per la prima volta in Italia.
Dopo un corteo dei combattenti per la città e la benedizione delle lance, secondo l’antica tradizione, che si è svolta in piazza San Marco, i giostratori avvolti nei loro costumi tradizionali hanno dato vita agli antichi rituali che precedono le gare, ai cerimoniali prescritti dai codici rinascimentali, alle scommesse e alle sfide tra i campioni. Nell’occasione la Compagnia de Calza ha presentato un antico cimelio guerresco: un’autentica lancia veneziana da torneo, la stessa usata da Zuan Francesco Loredan che giostrò a Venezia il 29 maggio del 1520 per i colori della Compagnia de Calza de «I Immortali» durante una festa in onore del Marchese di Mantova.
Organizzata in collaborazione con l’Assessorato al turismo e allo sport del Comune di Venezia, l’Associazione Commercianti Esercenti Artigiani Ambulanti di San Leonardo, l’Associazione Venezia-Cannaregio e l’Associazione Amici della Strada Nuova, la disfida su barche aveva avuto un prologo la sera prima quando sempre sul rio di Cannaregio si erano sfidati in notturna, in un torneo individuale, i campioni più famosi di Sète, che in Francia sono seguiti e celebrati, e accompagnati dal sostegno dei loro supporter, un po’ come i nostri regatanti. È infatti nella città francese che, una volta perduta a Venezia la consuetudine di organizzare queste giostre, esse rivissero restando immutate nello spirito, dal 1666 ai giorni nostri, ma perfezionandosi, fin quasi all’esasperazione, nelle tecniche di combattimento.
La giostra funziona così: i giostratori, in piedi su lunghe pedane poste a poppa delle barche da dieci rematori, si affrontano uno contro uno in una gara ad eliminazione diretta finché non resta un solo vincitore. Per farlo devono puntare con tutta la forza le loro lance contro i pesanti scudi di legno che proteggono il corpo dell’avversario, secondo regole antiche e precise e una coreografia cadenzata e spettacolare, scandita dal suono di pifferi e tamburi.
Sul ponte dei Tre Archi era stato issato un grande dipinto del ’500 raffigurante la vittoria del leone di San Marco sui pirati turchi, ed era stata ormeggiata la Peota Guerresca degli Antichi sulla quale avevano preso posto i giudici della contesa, i capitani da mar, i soldati di ventura, i dignitari della Compagnia e tutti gli Antichi in assetto di guerra. «Nel rio di Cannaregio, affollato da veneziani e turisti, la disfida ha avuto momenti di leale ma aperto agonismo» ha raccontato Il Gazzettino del 30.5.1988. Ma sentiamo, dal racconto di Roberta De Rossi su La Nuova Venezia del 30.5.1988, come andò a finire: «È San Marco il sestiere fra i sestieri. Ieri ha vinto la seconda disfida tra i quartieri della città, il suo campione si è aggiudicato a colpi di lancia l’antica giostra cavalleresca su barche, e i colori azzurri di San Marco hanno battuto il rosso del campione uscente di Castello dello scorso anno. Accompagnata da un caldo sole, la manifestazione ha avuto anche qualche brivido: un giostratore ha perso il controllo della lunga lancia acuminata (in cima un rostro d’acciaio) e ha sfiorato uno dei rematori della squadra avversaria. Un altro sfidante, scivolato malamente dalla passerella, è dovuto ricorrere al pronto soccorso per un paio di punti alla fronte. Una gondola infine è rimasta vittima di uno dei tanti balletti: una passerella ha falciato il suo ferro».
1988 - Omaggio a Mario Stefani a San Maurizio
È toccato alla Compagnia de Calza, e al suo Priore Paolo Zancopè, presentare in campo San Maurizio, lunedì 20 giugno, il nuovo libro del poeta veneziano Mario Stefani «Poesie erotiche» (Panda Edizioni, 1988). «Poesie erotiche e leggere/ di breve passo e lievi ti siano alla vita» ha cominciato a spiegare Stefani, che Zancopè ha definito «Il Giorgio Baffo dei nostri giorni». Gianluca Comin, su Il Gazzettino del 21.6.1988, la racconta così: «Una certa fama di poeta maledetto, Stefani se la sta guadagnando, sicché l’accostamento a Baffo in questo senso gli viene bene. Sportivo, sbarazzino, provocatorio, sotto il cielo piovoso in campo San Maurizio, Zancopè ha letto, ha recitato, ha bevuto insieme al poeta in un fallo di vetro, inneggiando per amicizia all’etica omosex, come hanno fatto con spirito e allegria tanti veneziani, in una sagra di ombre, soppressa, pane e buona porchetta».
1988 - La Calza riporta a Bergamo lo stendardo di San Marco
Un’altra impresa folle degli Antichi: riportare a Bergamo, città e piazzaforte ai confini della Serenissima, lo stendardo col leone di San Marco che fu ammainato per l’ultima volta nel 1797, quando Napoleone diede il colpo di grazia all’ormai decrepita Repubblica. La sera del 20 luglio, il leone è tornato a sventolare di nuovo sulle mura bergamasche. «E non potevano essere che quei goliardi vagabondi della Compagnia de Calza i Antichi a riportarcelo» scrive Il Gazzettino. L’occasione, una rievocazione storica di 400 anni fa, quando nel luglio del 1588 arrivarono a Bergamo i tre provveditori alle fortezze per festeggiare la fine della costruzione delle mura, lunghe cinque chilometri, che cingono la città, opera del genio militare di Giulio Savorgnan. E proprio quest’ultimo era uno dei personaggi storici del corteo organizzato dagli Antichi, in collaborazione con l’assessorato al turismo e l’azienda di promozione turistica di Bergamo, che ha sfilato per le vie della città ripercorrendo l’itinerario che accompagnava i rettori della Serenissima quando arrivavano in città. Il corteo era aperto dagli araldi della Serenissima, dai tamburini di San Marco, dai soldati della guarnigione che presidiava le mura e dal loro comandante a cavallo.
1988 - Ulisse e le sirene al Redentore
Portare le sirene di Ulisse al Redentore. Una pazzia. Un nonsenso. Una provocazione. Che altro? Ma gli Antichi, nell’estate dell’88, per l’esattezza sabato 16 luglio, per sconfiggere la noia e la ripetitività di una festa divenuta troppo stantia, si sono inventati anche questa. E insieme al gruppo di danza e musica popolare contemporanea «Chiquita Bacana» hanno messo in scena durante la notte famosissima un curioso e originale spettacolo acqueo intitolato Le Sirene, diretto dal ballerino e coreografo brasiliano Chico Terto, che nella loro fervida immaginazione hanno battezzato come «evento ludico-culturale».
Lo spettacolo, che proseguiva le tradizionali demonstrationi realizzate dagli Antichi nei Redentori degli anni passati, rappresentava «una sintesi spettacolare e artistica» di diversissime fonti: dall’Odissea omerica e i miti greci ai racconti nordici sulle Sirene, fondendo il tutto con l’immortale mito hollywoodiano della bellezza femminile tra pop art e post-moderno. Un delirio.
Succedeva questo: sulla tradizionale Peota Sollazziera degli Antichi, trasformata nell’occasione in una improbabile «Nave di Ulisse», addobbata fra estremo oriente e cartoon e dominata da un gigantesco drago alto sei metri, i compagni de calza agli ordini del Grand’Ammiraglio Conte Emile Targhetta D’Audiffret, hanno attraversato il Canal Grande al suono di tamburi e canti di dieci percussionisti-marinai. Dopo lunga, perigliosa e rumorosa navigazione, e abbondanti libagioni, sono infine approdati, con gran trambusto, alla Punta della Salute, ribattezzata lo «Scoglio delle Sirene». E qui, venti sirene ammaliatrici, simbolo della bellezza femminile adescatrice, hanno tentato di irretire con le loro voci melodiose e altri attributi gli occupanti della nave di Ulisse. Ed ecco un helzapoppin canoro con canti e musiche della Grecia antica, colonne sonore dei film anni ’40 e ’50, brani di musica classica contemporanea. Queste le armi canore delle sirene. Ma i marinai di Ulisse, reinventando il mito, invece di farsi ammaliare hanno reagito e, eccitati dalle voci melodiose, hanno messo in scena un improbabile, frenetico e caotico «Ratto delle Sirene», tra ritmi africani e riti del candomblè, e evocazioni alle divinità dell’acqua, da Oxum a Oxalà alla superba Jemanjià. Sirene e marinai e comuni mortali hanno così fatto festa fino all’alba fra piatti tipici della tradizione veneziana e ettolitri di ombre. Un gran bagolo, come ha spiegato il Priore, ma anche un modo nuovo di intendere lo spettacolo attraverso un «sincretismo iconografico» capace di amalgamare, sovrapporre e rigenerare il sempre più vario e composito bagaglio del nostro immaginario collettivo: da Ulisse a Braccio di Ferro, dal decadentismo al postmoderno, dalle sirene a Rita Hayworth, dal Catai al Brasile. Nonostante il successo di pubblico, questo spettacolo non è più stato riproposto dagli Antichi negli anni a venire.
1988 - La Giostra su barche alla Regata Storica e a Murano
Il successo della Antica Giostra Cavalleresca su barche ottenuto in maggio nel Rio di Cannaregio, ha convinto la Compagnia de Calza e l’assessore comunale al turismo Mimmo Greco, a riproporre la sfida tra i giostratori francesi della città di Sète, anche negli intervalli della Regata Storica del 4 settembre. Una novità assoluta che ha riscosso un grande successo di pubblico e di critica. La Nuova Venezia del 1.9.1988 ha dato la notizia in prima pagina con questo titolo: «Giostra cavalleresca, novità della Storica. Una sfida tra sei barche a remi». Le giostre, con i combattenti divisi nelle due fazioni tradizionalmente rivali della città, i Nicoloti del sestiere di Cannaregio in nero, e i Castelani di quello di Castello in rosso, si sono sfidati in tenzoni all’ultimo colpo in tre punti diversi del Canal Grande, davanti alla stazione ferroviaria di Santa Lucia, sotto il ponte di Rialto e a Ca’ Foscari davanti alla machina delle autorità. Una novità apprezzata da tutti. Sempre a Ca’ Foscari era stata ormeggiata la Peota Guerresca della Compagnia sulla quale avevano preso posto i giudici della contesa e «I Antichi» al gran completo in assetto di guerra, con i loro sgargianti costumi.
La sera prima, sabato 3 settembre, nell’isola di Murano, presso il ponte Vivarini, si era svolta un’altra giostra cavalleresca in cui i campioni di Sète si erano sfidati tra loro, secondo le antiche regole, per selezionare i candidati alla competizione nei campionati di Francia della specialità.
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mercoledì 20 gennaio 1988
Monaco di Baviera, Deutsches Theater
Il Gran Gioco dell’Amore e della Morte
sabato 6 febbraio 1988
Venezia, Pescheria di Rialto
Il Ballo dell’Osso Grosso
domenica 7 febbraio
Venezia, Pescheria di Rialto
Besame mucho, besame macho
da sabato 13 a martedì 16 febbraio 1988
Palermo, piazze varie
Grande Carnevale
venerdì 18 marzo 1988
Venezia, San Maurizio-Rialto
Ombralonga a congresso
domenica 29 maggio 1988
Venezia, Rio di Cannaregio
Disfida dei sestieri di Venezia
lunedì 20 giugno 1988
Venezia, Campo San Maurizio
Poesie erotiche di Mario Stefani
sabato 16 luglio 1988
Venezia, Canal Grande-Punta della Salute
Le Sirene
mercoledì 20 luglio 1988
Bergamo, mura della città
Il ritorno dello stendardo di San Marco
sabato 3 settembre 1988
Murano, Ponte Vivarini
Antica Giostra Cavalleresca su barche
domenica 4 settembre 1988
Venezia, Canal Grande, Regata Storica
Antica Giostra Cavalleresca su barche