Torna ai suoi temi più cari la Compagnia de Calza nel 1994, a quel Mascarar che aveva già introdotto nel 1983. E a questo tema dedica tutto il suo Carnevale, che inizia inaugurando allo Spazio Olivetti di Piazza San Marco una mostra dedicata al grande regista Maurizio Scaparro e ai suoi Carnevali della resurrezione all’inizio degli anni ‘80, rimasti ineguagliati e inimitabili, quand’era alla guida della Biennale teatro. Quindi si prende gioco del referendum sulla separazione tra Venezia e Mestre, indicendone uno, grottesco, per conto proprio, in campo San Maurizio, e decide di festeggiare i veneziani di tutte le età allestendo feste e spettacoli per i bambini, su un vaporetto, e per gli anziani nelle case di riposo di San Lorenzo e Santi Giovanni e Paolo. Recupera l’Ombralonga e la Festa Barona, una delle sue iniziative più riuscite, prosegue nel successo del festival di poesia erotica, giunto alla seconda edizione, cui partecipa l’attrice Milena Vukotic, e in chiusura di Carnevale dedica al suo nume tutelare Zorzi Baffo tutta una notte di poesie e di follie al Teatro a l’Avogaria.
1994 - Solo per le maschere
LA Compagnia de Calza «I Antichi», che ha aggiunto ormai stabilmente al suo nome la dizione Associazione Culturale, e vi ha aggiunto «fondata da Zane Cope» in omaggio al suo inventore, riprende un vecchio tema che le è caro, e che è più di un invito, dato il calo crescente e preoccupante delle maschere e dei costumi, fenomeno che non si arresterà più, e il progressivo e deleterio aumento delle macchine fotografiche e delle videocamere, che rendono sempre più il popolo del Carnevale di Venezia un popolo di spettatori – guardoni anziché un popolo di personaggi-protagonisti: quello del Mascarar, cioè del gusto, del piacere e del gioco di mascherarsi e mascherare il prossimo, unico modo per entrare davvero nella festa. Tema che la Calza aveva già sviluppato in un fortunato Carnevale di undici anni prima, intitolato Mascarar 83, e che adesso riprende, dal 4 al 15 febbraio, in Mascarar 1994. «Una scelta precisa – spiega il nuovo Gran Priore Luca Colo de Fero Colferai, al suo secondo anno di gestione del Carnevale – Mascarar si chiamavano infatti i nostri primi garangheli, quando lo spirito che animava il Carnevale era ben diverso da quello che lo spinge in questi anni».
Dopo l’avventura di piazza San Marco, gli Antichi tornano quindi nei campi e nelle calli per una nuova sfida: riportare il Carnevale «al bagolo e al garanghelo», ridando ai veneziani di spirito e ai foresti de sesto che ancora ne hanno voglia, il gusto e il piacere del divertimento. «Divertire divertendosi, come un tempo – dice il Priore – far partecipare la gente, rompere l’abitudine attore-spettatore. Perché il Carnevale è prima di tutto festa e poi anche spettacolo. Le nostre feste saranno pubbliche, ma vi potrà partecipare esclusivamente chi è in maschera o in costume. Sono inoltre proibite macchine fotografiche, cineprese, videocamere. I trasgressori – minaccia il Gran Priore – verranno allontanati, e se recidivi o incuranti, dapprima esposti al pubblico ludibrio e quindi espulsi con dileggio e cachinni. Verremmo meno al nostro motto Divertire divertendosi – conclude il Priore – se volessimo essere delle belle statuine o, peggio, degli attori dilettanti».
1994 - Bando de levada de calza
Fedele al suo credo, il Priore Colo de Fero fa affiggere sui muri della città, in data 17 gennaio, un bando de levada de calza et de affiliatione, scritto tutto in lingua veneziana, in cui, riassumiamo in italiano, ricorda che da quindici anni ad ogni Carnevale gli Antichi hanno detto e scritto che «senza veneziani di spirito e senza foresti dabbene non ci sono né feste né balli ma solo tristezze da far bollire il latte nelle ginocchia». Eppure, «si trovano sempre delle teste dure che non vogliono capirla». Di qui l’ordine del Priore ai suoi Antichi di vestirsi con «i nobili colori» della Compagnia «per fare grande ancora una volta di feste e allegrezze la nostra splendida città», e la disposizione che tutti i veneziani di spirito e tutti i foresti de sesto che lo desiderano, possano partecipare al Carnevale degli Antichi in qualità di affiliati alla Compagnia de Calza. Le affiliazioni, informa il bando, si raccolgono gratuitamente presso la Beccaria del Camerlengo Gianni Matteucci a San Maurizio, e la Spetiaria del Savio Giorgio Papa in Calle dei Fabbri.
1994 - Scaparro, Teatro e Carnevale
È con un omaggio al grande regista Maurizio Scaparro, nello spazio Olivetti di Piazza San Marco, che gli Antichi aprono, venerdì 4 febbraio, le manifestazioni del Carnevale. «Scaparro alla guida del settore teatro della Biennale – spiegano gli Antichi in una nota – ebbe il merito di resuscitare il Carnevale di Venezia, indicando il percorso del teatro e del teatro di strada, della cultura e della qualità. Riuscendo come nessun altro a entrare in sintonia con la grande tradizione veneziana e a rivitalizzarla. Un percorso che fu seguito nei campi della città dalla Compagnia de Calza «I Antichi» guidata dal Prior Grando Paolo Emanuele Zancopè che fin dal 1980 fu tra i protagonisti della rinascita del Carnevale». Ma con il passare degli anni, aggiungono gli Antichi, «per la mancanza di idee e di sapienti regie, la strada segnata venne abbandonata, e il Carnevale ha subìto un pietoso involgarimento e degrado. Perciò gli Antichi ritengono opportuno ritornare allo spirito dei primi tempi e riproporre la magia di quegli anni con un omaggio a Maurizio Scaparro e ai suoi Carnevali della Biennale 1980-’81-’82». Scaparro, nell’occasione, è stato insignito per i suoi meriti carnevaleschi del titolo di Compagno de Calza ad honorem, e ha ricevuto dal Gran Priore la calzamaglia con i colori della Compagnia, lo stemma e la pergamena dell’atto di affiliazione.
La rassegna, intitolata Scaparro, Teatro e Carnevale, è rimasta aperta in piazza San Marco per tutta la durata della kermesse, fino al 15 febbraio, ed è stata visitata da migliaia di spettatori. L’omaggio al grande regista comprendeva un’antologia video sui Carnevali di quegli anni, realizzata in collaborazione con la Rai, e una mostra fotografica di Graziano Arici che documentava i momenti più significativi delle manifestazioni. Esposti anche documenti, progetti e altri materiali, tra cui i bozzetti del celebre «Teatro del Mondo» di Aldo Rossi. L’omaggio a Scaparro si è concluso, lunedì 14 febbraio, con un convegno dal titolo «E dopo Carnevale?», che si è tenuto al teatro A l’Avogaria, e al quale hanno partecipato, insieme allo stesso Scaparro, il Sindaco di Venezia Massimo Cacciari, lo scrittore Alvise Zorzi, il critico teatrale Gian Antonio Cibotto. Moderatore, il giornalista Roberto Bianchin, inviato speciale de La Repubblica e «anima» della Compagnia de Calza sin dalla sua fondazione.
1994 - Bala bianca bala nera
Si racconta che fu per una sola balòta (palla, biglia) che nei primi anni del 1200, subito dopo la conquista di Bisanzio durante la quarta crociata, il Doge Enrico Dandolo non decise il trasferimento di Venezia dalla laguna a Costantinopoli. Per una sola balòta la capitale rimase dov’è ora, altrimenti noi veneziani, come chi scrive, saremmo stati tutti Turchi. Essere fora da le balòte significava un tempo non aver diritto al voto e non avere potere decisionale all’interno del Maggior Consiglio. Rimase l’espressione «fora dai cogioni», o coglioni, o collioni, assimilando le balòte del voto ai testicoli, significando perciò: «lontano da me!». Per quanto oligarchico, era pur sempre un referendum quello che avveniva nel Palazzo Ducale quando si eleggeva un nuovo Doge o si decideva una nuova legge.
Perché questa tiritera? Si chiederà il lettore curioso. Perché nel bel mezzo del Carnevale del 1994 succedeva in Venezia un fatto strano, che cioè si svolgeva un referendum, serissimo, mica uno scherzo di Carnevale, per decidere sulla separazione tra Venezia e Mestre e l’eventuale formazione di due comuni autonomi. Due, ovviamente, le fazioni in lotta, unionisti contro separatisti e viceversa, tesi naturalmente opposte, e pronostici quanto mai incerti. La Calza, per lo spiritaccio che la anima da sempre, e sempre continuerà ad animarla, non poteva rimanere estranea al dibattito cittadino, e come fa spesso, non poteva non cogliere l’attualità dei giorni per trasformarla, sempre ironicamente, in divertimento e in spettacolo. Di qui la grande festa-spettacolo Bala bianca, bala nera, gran bagolo dell’eunuco, con referendum incorporato, che si è tenuta sabato 5 febbraio in campo San Maurizio. Il referendum, quello vero, si giocava infatti su questo preciso punto: «fora dai cogioni i mestrini», a detta dei referendari veneziani, e «fora dai cogioni i veneziani», a detta dei referendari mestrini. A vincere, chi ne possiede di più, naturalmente di cogioni, intesi come balòte referendarie. Di qui l’idea della Calza di indire una sorta di pre-referendum in campo San Maurizio, sabato 5 febbraio, un giorno prima di quello vero, sotto l’occhiuta sorveglianza del famoso eunuco Abdulll da Smirne (interpretato da un inquietante Maurizio Bastianetto in versione Renato Zero), il quale, non avendo balòte di sorta, è stato designato quale miglior squittinatore acciò che tutto avvenga nel modo più democratico.
È successo così che l’eunuco Abdulll, assiso su una portantina regale, accompagnato da una terrificante e assordante «Marcia dell’Eunuco» e da un improbabile corteo di coprofagi, lenoni e badesse del Caspio, è stato dapprima pubblicamente dimostrato per calli e campi fino a campo San Zanipolo dove (per essere fora da le balòte da Piazza San Marco) la Repubblica decise di elevare il monumento a Bartolomeo Collioni che si fregiava di averne ben tre dei necessari gioielli (qualcuno suggerisce che ce l’avesse poi smisurato, visto che la Cappella se ne stava a Bergamo Alta). In effetti, lo stemma del grande condottiero mostra tre paia di testicoli, per un totale di sei balòte: eccessivo, ma valido simbolo di virilità. Qui l’eunuco, salito impavido sul monumento dopo averne scalato il medesimo, a rischio della propria incolumità e di una salata multa, ha reso i dovuti onori al grande Bartolomeo, ma senza alcuna invidia. Anzi, si è drammaticamente dilungato ad elogiare il privilegiato punto di vista di chi, non essendo mosso da bassi istinti, può elevare lo spirito e l’alleggerito corpo tramite uno stile di vita dedito al bel canto e alla letizia. Non a caso il prode Abdulll ha fieramente esibito, orgoglioso e compito, il proprio stemma araldico figurante una forbice argentea in campo orofallico, contrapposto all’animalesco stemma dei Collioni.
Tornato, non senza qualche difficoltà di percorso, il corteo dell’eunuco in campo San Maurizio, si sono alfine svolte le votazioni sul quesito: Mestrini fora da le balòte, oppure Veneziani fora da le balòte. Due le urne: una per la balòta bianca, che voleva dire sì alla separazione tra Venezia e Mestre, l’altra per la balòta nera, che voleva dire no alla separazione. Diritto di voto solo per chi portava la maschera o il costume, gli altri fora da le balòte. Ai balotadori capitanati dall’eunuco il compito di controllare e conteggiare le balòte. Nei paraggi, un apposito Ufficio brogli dove «facilmente si può corrompere», stava scritto bene in vista su un cartello, «al fine di alterare i risultati». Hanno votato in moltissimi, in maschera e senza, e in pochissimo tempo le urne con le balòte si sono completamente riempite e tutti ne avevano già piene le balòte. Il risultato del pre-referendum, cui ha assistito come spettatore interessato, benché molestato continuamente da un satiro in calore (Giorgio Spiller), il leader del movimento dei separatisti veneziani, l’avvocato Mario D’Elia, è stato sorprendente: parità. Non risulta vi siano stai ricorsi al Tar né balòte contestate. Ma si è festeggiato con fave, favette, fichi, olive, prugne, uva, castagne e maroni.
1994 - Elogio de Senectute
Accompagnati dal motto di Aristofane, «I Vecchi son bambini per la seconda volta», gli Antichi, in onore al proprio titolo di predecessori, sono andati a far visita e spettacolo agli anziani di Venezia. È successo domenica 6 febbraio, quando i compagni de calza, vestiti nei loro splendidi costumi, sono entrati negli ospizi di San Giovanni e Paolo e di San Lorenzo, per incontrare quella che hanno definito «la memoria viva della città». Agli anziani di Venezia, nel corso di una giornata festosa e divertente, ricca di aneddoti e di ciàcole, di racconti e di invenzioni, e poi di balli, gli Antichi hanno portato dei dolci e altri regali. Quindi, fedeli allo spirito più tipico della Compagnia de Calza, alcuni degli Antichi hanno letto in veneziano dei versi dal «De Senectute» di Cicerone, che «come sappiamo – ha detto il Gran Priore Luca Colo de Fero Colferai – non era veneziano perché Venezia non era ancora nata». La giornata si è conclusa festosamente al canto di «A do ani semo putei, e a otanta ancora quei!».
1994 - La Crociata dei Fanciulli
E dopo gli anziani, i bambini. La Compagnia de Calza ha abbracciato, e non solo idealmente, in questo Carnevale, i veneziani di tutte le età, dai più grandi ai più piccini. Punto di partenza di questa curiosa Crociata dei Fanciulli, inscenata mercoledì 9 febbraio sulle acque della laguna, una vecchia storia, come spesso accade nelle rievocazioni degli Antichi: vuole la leggenda infatti che quando nel 1212 il quindicenne francese Stefano e il coetaneo tedesco Nicola organizzarono le loro sfortunate crociatine, anche a Venezia dei fanciulli partirono alla conquista della Palestina. I ventimila piccoli tedeschi di Nicola si fermarono a Genova, delusi che l’acqua non si aprisse miracolosamente davanti ai loro piedini come essi credevano, e si fecero comunque adottare dai genovesi mentre altri si dispersero verso Roma. I piccoli francesi di Stefano, con l’aiuto del Re di Francia Filippo II, si imbarcarono su sette navi. Metà naufragarono sulle coste sarde, gli altri arrivarono fino ad Alessandria d’Egitto dove, catturati dai pirati, furono venduti come schiavi.
Ai piccoli veneziani invece la crociata andò meglio. Li fermarono facilmente a Chioggia e ammisero che volevano solo starsene fuori dal mondo dei grandi, e che mai e poi mai sarebbero andati in Palestina, bensì a Pellestrina dove volevano fondare il Paese del Bengodi. Questa la storia, vera o inventata, chissà, che la Compagnia de Calza ha raccontato a un folto gruppo di bambini ai quali ha messo a disposizione un vaporetto per una divertente crociata carnevalesca. Il vaporetto dei bambini, partito dal Tronchetto, ha navigato tutta la giornata per le acque della laguna, tra giochi, scherzi, racconti di favole, canti e balli. L’unico problema è sorto quando, alla fine della crociata, i bambini non volevano più scendere per tornare a casa, volevano restare a bordo coi contastorie, i giocolieri, i golosessi, i premi e i regali. E per un giorno, sull’acqua, sono tutti tornati bambini.
1994 - Torna l’Ombralonga
La più classica, e più imitata, «marcia enologica non competitiva tra i bacari di Venezia», inventata dalla Compagnia de Calza, torna al Carnevale nella giornata del 10 febbraio, giovedì grasso. Vi torna, con partenza da campo del Ghetto, ed arrivo in Via Garibaldi, con alcune innovazioni, che si erano rese necessarie dopo la ressa, e i disordini, degli anni precedenti. Quindi, non più di cento partecipanti con l’obbligo di presentarsi in costume, e il divieto di fare fotografie e riprese filmate. Iscrizioni invece sempre gratuite. In realtà i partecipanti erano molti di più, e anche stavolta è stato molto difficile contenere il loro entusiasmo e limitare danni e disagi provocati da un tasso alcolico come al solito eccessivo. La marcia enologica, comunque, rallegrata dai vini di Botter, si è snodata smodatamente in allegria tra l’Osteria Sessola al Ghetto, l’Enoteca Do Colone e il Caffè Poggi a Cannaregio, i Vini da Gigio in fondamenta San Felice, Soldà ai Santi Apostoli, All’Olandese Volante a San Lio, Al Balon ai Santi Giovanni e Paolo, alla Trattoria al Giardinetto in Ruga Giuffa, ai Greci a Castello, al Cocoon in campo Bandiera e Moro, Al Gabbiano in Riva degli Schiavoni e infine, per quelli che sono riusciti ad arrivarci, all’osteria Muciccia in via Garibaldi.
1994 - Torna anche la Festa Barona
La Calza riprende anche, insieme all’Ombralonga, un altro dei suoi spettacoli più classici e più riusciti: la Festa Barona, una ricostruzione storica del Carnevale settecentesco secondo Zorzi Baffo, che va in scena sabato 12 febbraio in campiello Pisani, un piccolo e magico angolo nascosto dietro a campo Santo Stefano, davanti al conservatorio di musica. Qui la Calza ha riproposto, con l’identico successo di sempre, il fascino sottile e birichino, la dolcezza seducente e lo splendore malinconico del Settecento, animando il piccolo campiello con i personaggi, le maschere, le invenzioni e le meraviglie del secolo di Giacomo Casanova e Giorgio Baffo. Una ricostruzione filologica e sbarazzina, annotava il Priore, con torce e candele, musiche d’epoca suonate dal vivo, vin de queo bon, fritole e golosessi.
Così per un giorno, dal tramonto a notte fonda, l’antico Carnevale veneziano è tornato a vivere come lo aveva immaginato il grande Baffo, come lo avevano dipinto i grandi artisti del tempo, e come lo avevano vissuto veneziani e foresti, famosi e ignoti, nell’ultimo secolo di gloria della Serenissima. «Non emozione solo d’immagine – scriveva il Priore Colo de Fero – ma ricostruzione viva e vera». Ingresso vietato a chi non era in maschera o in costume, e altresì divieto assoluto per i «moderni mezzi di cattura delle immagini». Tutti gli altri, ed erano moltissimi che riempivano il campo, hanno invece potuto godere, e a lungo, delle invenzioni del grande attore Norberto Midani nella parte di Giangiacomo Casanova, dei favori delle cortigiane al seguito della regina Contessa Mafalda Malpighi, delle voci bianche guidate dall’eunuco Abdulll, delle musiche, delle ombre, nonché dei favori dell’oscurità.
1994 - Festival di poesia erotica, seconda edizione
Baciato dal grande successo dell’esordio, l’anno scorso, il Festival Internazionale di Poesia Erotica «Baffo-Zancopè», ideato da Roberto Bianchin, torna a celebrare la sua seconda edizione domenica 13 febbraio, sempre in campo San Maurizio. Trenta i poeti sul palco, divieto ai minori di anni diciotto, a tutti quelli che non erano in maschera, e a tutti quelli che si erano armati di cineprese e macchine fotografiche. Madrina d’eccezione, l’attrice Milena Vukotic, che ha resistito impavida sino alla fine, col suo abitino settecentesco vistosamente scollato, a dispetto del freddo pungente e di un nevischio gelido che batteva il campo come fosse una steppa siberiana. La Vukotic ha voluto ricordare a suo modo Giorgio Baffo, e ha declamato anche alcuni versi del grande poeta, molto applaudita dal pubblico, foltissimo, che ha resistito, anche lui eroicamente, alle inclemenze del tempo.
Il Festival, nato per onorare la memoria del fondatore della Compagnia de Calza Paolo Emanuele Zancopè, e quella del poeta Giorgio Baffo, nume tutelare degli Antichi, ha aperto quest’anno ufficialmente le celebrazioni per il centenario della nascita del grande poeta erotico del ’700 veneziano. Alla lirica, erano abbinati anche la prima edizione del Festival della prosa erotica e del disegno d’amore. La serata è iniziata co’ fa scuro con il gran ballo del poeta maledetto con il gruppo musicale delle Onde Rock capitanato dal bassista Simone Bianchin, ed è proseguita con una «cicchetata in campo» organizzata in collaborazione con l’Arcigola Slow Food e i vini Cavit.
Quindi, a tarda ora, il Festival vero e proprio, con ospiti d’onore alcuni noti «vati dell’eros» come Mario Stefani, Renato Coller, Emanuele Horodniceanu, Lucia Lucchesino, Sandro Mattiazzi, Luciano Menetto, Matelda Santelli, Jacopo Terenzio e Aldo Trivellato, vincitore della prima edizione. Quindi i poeti in concorso, provenienti da diverse città italiane, giudicati dalla giuria delle Cortigiane di Venezia capitanate dalla celebre Contessa Mafalda Malpighi, e premiati dal Gran Priore della Calza Colo de Fero: Silvano Bernardi, Giuseppe Caforio, Capitan Mandolino, Alfio Centin, Fratazzo da Velletri, Guerrino dal Cao de Là, Lisa Deiuri, Ciro di Maria, Fuffi, Ciro Gaetano, Umberto Mangani, Piera Piazza, Cristina Rosati, Massimo Rossi, Antonio Spernich, Mery Barbara Tolusso, Liliana Zanon, Lucio Marco Zorzi.
Il Festival, riuscitissimo, si è concluso con un omaggio a Baffo e Zancopè celebrato da Mauritio Bastianetto. A introdurre i poeti, il celebre erotologo Bob R. White, con la partecipazione straordinaria dell’attore Norberto Midani nella parte di papa Sisto Sesto, per nulla scandalizzato, anzi ringalluzzito, dal tenore delle liriche ascoltate. Il Festival di quest’anno è stato organizzato in collaborazione con l’editore veneziano Franco Filippi, che ha appena pubblicato il libro più scandaloso dell’annata letteraria: «I Nuovi Baffi, poeti erotici di fine millennio», curato da Roberto Bianchin, che raccoglie le liriche di tutti i poeti che hanno partecipato alla prima edizione del Festival. Un libro di successo, al quale La Nuova Venezia, Il Mattino di Padova e La Tribuna di Treviso hanno dedicato una pagina, nell’edizione del 20.1.1994, per la firma del critico letterario Nicolò Menniti Ippolito, che in proposito scrive: «La Compagnia de Calza I Antichi rende sempre omaggio a questo padre antico e un po’ degenerato, Giorgio Baffo, mentre i nuovi poeti seguono chi più chi meno allegramente la sua strada». Così Baffo «ha guadagnato negli ultimi anni lo status di poeta vero e proprio, con edizioni non più a diffusione segreta e con studi critici che rendono giustizia al suo veneziano di grandissima musicalità e alla sua capacità di stupire, divertire, volgere al buffo anche le oscenità più manifeste».
1994 - Fino all’ultimo Baffo
Complice il tricentenario della nascita del poeta, la Calza non poteva limitarsi quest’anno al Festival di Poesia Erotica, pure di successo, ma doveva osare di più, andare oltre. Così ha pensato di dedicare a Giorgio Baffo, anzi Zorzi, come preferiamo chiamarlo perché così figura all’anagrafe, la notte di fine carnevale, quella di martedì grasso 15 febbraio, ma proprio tutta una notte, una notte intera, dal tramonto all’alba, tutta dedicata al suo mondo. Un’autentica follia di cui solo la follia della Calza poteva essere capace. Di qui lo spettacolo «Fino all’ultimo Baffo» andato in scena per una notte intera al Teatro A l’Avogaria «gremito in ogni ordine di posti» come si diceva un tempo, grazie alla benevolenza e all’amicizia di una signora di cultura, di teatro e di garbo come Carla Poli, una veneziana eccellente alla quale la città deve molto e della quale dovrebbe ricordarsi più spesso.
«L’erotismo – spiegava il Gran Priore Colo de Fero illustrando la serata – riempie la distanza tra desiderio e azione, e chi meglio della parola, recitata, cantata e liberata, può riempire questo spazio? Zorzi Baffo lo sapeva quando scrisse le sue straordinarie poesie, vero condensato di esperienze vissute e desiderate. Non c’è differenza di valore infatti tra i due atteggiamenti, anzi parlare di sesso dà senso al sesso e la sessualità evocata diventa sensualità e piacere». Perciò la maratona notturna dedicata all’erotismo in tutte le sue forme e i suoi sogni: dalle nove della sera alle nove del mattino una non-stop di fine Carnevale con uso di teatro, musica, ballo, spettacoli, cortigiane e golosessi, ore e ore dedicate ai temi eterni di Zorzi Baffo, un tema per ogni momento. E naturalmente, ingresso vietato ai minori, ai non mascherati, alle macchine fotografiche, alle cineprese e simili.
Impossibile raccontare la notte tanto è stata folle. Ma per dare un’idea merita raccontare, per titoli, cosa è successo, riportando per esteso la folle scaletta della folle serata: ore 21: La compagnia stabile del Teatro a l’Avogaria presenta «La finta malata, ossia lo speziale» di Carlo Goldoni, regia di Bepi Morassi; ore 23: «Quel Casso spietato» ovvero La Cappella sulle Ventitré, con i racconti del Conte Emile Targhetta D’Audiffret. A seguire, Gran Balo del Casso. Esibizioni del gruppo folk Estremadura. Leccalecca, cannoli alla crema, banane al cioccolato; ore 24: «Oh Mona, in fra le cose delicate» ovvero Monanotte, con le confessioni intime della Regina delle Cortigiane di Venezia Contessa Mafalda Malpighi. A seguire, Gran Balo de la Mona. Fritole a la venetiana e a la foresta; ore 1: «Tette da darghe morsegoni» ovvero Tuttotette. Conferenza dell’eccellentissimo Prof. Seno: «Frenesia del Capezzolo». A seguire, Gran Balo de le Tete. Budini alla crema; ore 2: «La biaca è negrofumo in confronto» ovvero AnoMalie. Convegno sul tema «Culo de Dona o Culo de Omo», sessioni di lavoro separate. Intervento dell’Associazione Peto Libre di Ventana, con demonstrationi a porte chiuse. Gran Balo del Culo Tondo. Dolce cacao; ore 3: «Son tanto innamorà d’una ragazza» ovvero L’Inevitabil Smegiazza. Intervento del Vate Gabriele D’Annunzio per evocazione. Conferenza del prof. Mauritio Smerdazzer «Cesso d’amarti». Gran Balo de la Merda che Monta; ore 4: «A doperarlo tutto se frua» ovvero Fatto a Mano. Elogio dell’eros autogeno. Riflessioni dei Sublimi Magnifici Amanuensi. Gran Balo de Onan. Zabaglioni; ore 5: «La xe ’na vita tanto buzarona» ovvero Testamento di Alvise Zorzi Baffo. Il canzoniere proibito di Bob R. White. I ritratti erotici del Papa. Gran Balo del baffo. Evinseghenevansa. ore 6-9: «Chi ha strapazzà sto letto e chi la testa?» ovvero elogio ciclico del sessantanove. Esibizioni acrobatiche e funamboliche. Gran Balo del Sessantanove. Corni, corneti e capuci; ore 9: «L’ora della Quaresima» ovvero cerimonia delle ceneri, demonstrationi di flagellanti, redenzione delle cortigiane, conversione delle bardasse. Allocuzione di Fra’ Bonvesin de la Riva.
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dal 4 al 15 febbraio 1994
Venezia, Piazza San Marco
Scaparro, Teatro e Carnevale
sabato 5 febbraio 1994
Venezia, Campo San Maurizio
Bala bianca bala nera
domenica 6 febbraio 1994
Venezia, Ss. Giovanni e Paolo, San Lorenzo
Elogio de Senectute
mercoledì 9 febbraio 1994
Venezia, laguna
La Crociata dei Fanciulli
Zioba Grasso 10 febbraio 1994
Venezia,
dal Ghetto fino in Via Garibaldi
Ombralonga
sabato 12 febbraio 1994
Venezia, Campiello Pisani
Festa Barona
domenica 13 febbraio 1994
Venezia, Campo San Maurizio
Festival Internazionale
di Poesia Erotica II edizione
lunedì 14 febbraio 1994
Venezia, Teatro A l’Avogaria
E dopo Carnevale?
Marti Grasso 15 febbraio 1994
Venezia, Teatro A l’Avogaria
Fino all’ultimo Baffo