Venerdì: intervista a Casanova

Poco prima del Carnevale, del tutto inopinatamente Paolo Emanuele Zancopè viene invasato dallo spirito di Giangiacomo Casanova. Il fantasma dell’illustre avventuriero lo possiede per alcuni giorni e parla per suo mezzo ai contemporanei. Approfitta dell’occasione il giornalista Paolo Guzzanti. Tosto l’inviato del Venerdì di Repubblica intervista lo spirito redivivo tramite il medium. Casanova-Zancopè prima lo stordisce con sguazzetti alla bechera, più riesling, tocai, pinot, traminer e, la mattina successiva, presto, con un ottimo merlot (nella foto di Mark Smith).

Arbitrariamente e faziosamente citiamo stralci della seduta colloquiale.

Quale compagnia de Calza? Ne conosco diverse.

«Beh, hanno cominciato quelli detti “I Antichi”, poi son venuti gli altri. Ma tornando al carnevale, al nostro...»

Quello autentico...

«Quello per godere. Le spiego: il carnevale era prima di tutto l’occasione, stabilita e rispettata, tollerata e attesa, per abbandonarsi alle gioie del sesso. Uomini e donne non aspettavano altro. Le giovani uscivano di casa in maschera gridando: “Andiamo a far becchi i nostri mariti”. E mantenevano la promessa, altroché...»

Lei, immagino, in quelle circostanze dava il meglio di sé.

«Per me ogni stagione era carnevale, signor mio. Casanova è sempre Casanova [...] io non ero nobile né popolano. Ma facevo man bassa in ogni classe e ceto. Ma così facevan tutti. E quando il carnevale finiva, usciva un banditore con trombe e tamburi che girava per le calli gridando: el carneval xè finìo e fra nove mesi porté i bastardi a la Pietà.»

Ma la sua Venezia, esimio, era anche una città incupita, sospettosa, già in declino.

«Lasci in pace la storia patria. Restiamo al carnevale, quando questa città che lei vede così ridotta da stringere il cuore, era un unico, divertente, trionfante bordello per il divertimento e il sollazzo di maschi e femmine, ed anche intermedi [...] ma questa chiacchierata mi ha messo appetito e un po’ di sete. Le faccio una proposta: andiamo a mangiare le schie in un antico luogo dove ai miei tempi...»

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