Anno 2000

Agli inizi del Duemila, con una mossa a sorpresa I Antichi eleggono una donna Priore: Judith Souza Bomfim Zancopè detta Jurubeba, brasiliana veneziana, vedova di Zane Cope, pilastro della compagnia. È la prima donna eletta Priore nella storia secolare delle Compagnie de Calza. Sotto il suo priorato I Antichi rivendicano un primato: inventano e interpretano il primo varietà acrobatico comico erotico della storia dello spettacolo, commistione di teatro, circo, musical e follia con Casanova e i suoi improbabili Gemellini alle prese con i grandi del circo europeo. Rinasce la Compagnia dei Giovani Antichi, con Priore Zanzorzi Zancopè. E accanto a Casanova ritorna Marco Polo con uno stuolo sempre più improbabile di gemelli e sorelle.

2000

In gennaio I Antichi eleggono un nuovo priore e per la prima volta nella storia delle Compagnie di Calza, è una donna: Judith Jurubeba Bomfim Zancopè, vedova del fondatore, Gran Priore con il nome Juru Beba. Il cambiamento porta buono. Il primo Carnevale veneziano del nuovo millennio segna una svolta nella storia della Compagnia de Calza: il suo incontro con il mondo del circo, e l’allestimento di uno dei suoi spettacoli più innovativi, più originali e fortunati: il varietà comico-acrobatico-erotico Il Casanova Inquisito che va in scena per sei serate, facendo segnare sei clamorosi esauriti (e c’erano richieste per altri due giorni) in un singolare teatro-circo à l’ancienne di legno e specchi che arriva in Italia per la prima volta e viene montato in campo San Polo. Il cast, allestito con la complicità del regista circense Antonio Giarola, è di altissimo livello, col duo acrobatico portoghese dei Manducas, premiati a Montecarlo, la contorsionista kazaka Assiya, gli acrobati svedesi Jis & Weder, cui si aggiungono uno straordinario Maurice Agosti nella doppia parte di Giacomo e Giacomina Casanova, e la formidabile orchestra «Montecarlo All Stars» diretta dal Maestro Marney Taylor. Il primo carnevale del nuovo millennio degli Antichi si svolge quasi tutto nel teatrino old style della Bauta, con varie iniziative, tra cui le ormai affermate Denunzie secrete de’ veneziani e la divertente Asta degli innamorati. Nello storico campo di San Maurizio rimane, e non poteva essere diversamente, il Festival Internazionale di Poesia Erotica intitolato a Baffo e a Zancopè, che anche quest’anno, giunto all’ottava edizione, ottiene un successo travolgente.

IL DUEMILA, una scadenza che sembrava lontana, futuribile, e faceva persino paura a quei compagni de calza (non pochi, e tra i fondatori) nati nella prima metà del novecento e ancora viventi e in attività, alcuni dei quali pensavano che non vi sarebbero mai arrivati (il direttore artistico addirittura «non voleva» entrare nel duemila, «perché mi ci avete portato?» ripeteva), è stato un anno fra i più importanti nella lunga storia della Compagnia de Calza «I Antichi». Perché lo spettacolo messo in scena al Carnevale di Venezia di inizio del nuovo millennio, Il Casanova Inquisito, è stato uno dei migliori, dei più ricchi, dei più riusciti e di maggior successo nella carriera degli Antichi.

Per almeno tre motivi: primo, perché per la prima volta la Calza è riuscita a montare in un campo veneziano, quello di San Polo, dove aveva trionfato negli anni ’80, una struttura assolutamente straordinaria e mai vista in Italia, un teatro-circo-varietà molto elegante tutto in legno e specchi, in stile Jugend Style, un misto di barocco e rococo anni venti, con un palco, una pista circolare, i tavolini intorno, un grande bancone bar, come in un antico cafè chantant, con trecento posti a sedere, battezzato per l’occasione Antico Salone La Bauta. Quasi la materializzazione di quel Palazzo degli Antichi che il fondatore della Calza Paolo Emanuele Zancopè aveva sognato per molti anni senza riuscire a realizzarlo, come attestò commosso al Direttore Artistico, il decano dei gondolieri veneziani Amedeo Memo detto Memo, uno degli storici compagni de calza, nel corso di una visita al teatro. Secondo, per la qualità dello spettacolo e dei suoi protagonisti, la felicità dell’intuizione, la ricchezza del cast e l’originalità della regia. E terzo, infine, perché l’operazione era assolutamente innovativa sul piano dello spettacolo in Italia, segnando il matrimonio, per la prima volta, tra la Calza e il circo, cioè fra i guitti della commedia dell’arte e gli acrobati. Un vecchio pallino del Direttore Artistico Bob R. White, appassionato di circo sin dall’infanzia, che ha potuto celebrare questa unione inconsueta (che poteva anche essere rischiosa) cui pensava da tempo, grazie alla complicità di un vero regista di circo come Antonio Giarola, considerato, e non solo in Italia, tra i migliori del suo settore. Il risultato è stato sorprendentemente felice, come hanno attestato, felicemente sorpresi, i media dello spettacolo, fra tutti lo storico del circo Alessandro Serena sulla rivista Circo , alcuni dei quali hanno addirittura parlato di uno dei primi esempi italiani di Nouveau Cirque dal momento che lo spettacolo degli Antichi mescolava la tradizione della commedia dell’arte all’acrobazia e alla clownerie, alla musica e alla danza. La Calza, sempre diffidente verso le etichettature, aveva preferito battezzare questa sua nuova forma di spettacolo come varietà, e per l’esattezza varietà comico-acrobatico-erotico. Un esperimento che verrà poi ripetuto per due anni, in una fortunata trilogia dedicata a Giacomo Casanova.

2000 - Una donna a capo de I Antichi

In gennaio, per la prima volta nella storia delle Compagnie de Calza, una donna è stata eletta Priora de I Antichi. Anzi, due: con una corsa testa a testa, prima nella votazione palese dell’assemblea plenaria riunita nell’antica sede in Calle del Forno, poi a scrutinio segreto, al ballottaggio Judith Jurubeba Souza Bomfim Zancopè, comunicologa e antiquaria, vedova del fondatore Zane Cope, diviene priore con il nome di Juru Beba per un solo voto di vantaggio sull’altro grande candidato alla carica suprema: l’impareggiabile ed irrefrenabile contessa Mafalda Malpighi, Regina delle Cortigiane di Venezia. È notte spasmodica e concitata, con I Antichi divisi in due fazioni dapprima placide e poi sempre più accanite nella lotta. Il risultato finale, convalidato dal presidente assembleare Bob R. White e verificato dal segretario Colo de Fero, scrutatori Ragazzo Carlo, John Matthews e Aldo Pitima Colferai, pacifica gli animi. Juru Beba nomina Camerlengo Mafalda Malpighi, iniziando un roseo priorato dai molti successi. La nuova Priore, infaticabile fondamento de I Antichi, discende da un capo indio Tupinamba che sposò una bionda fazendera olandese nata a Utrecht, e da una santona africana della tribù Yuruba dell’Angola moglie di un portoghese di Coimbra. Alcuni esegeti sostengono che senza di lei la Compagnia de Calza non avrebbe potuto esistere e si sarebbe estinta al secondo anno di vita.

2000 - Antico Salone La Bauta

L’idea veniva da lontano. E, cosa che avviene molto raramente (a Venezia non è mai stato possibile) era stata programmata per tempo. Tutto era cominciato l’anno prima, nel gennaio del ’99, a Montecarlo, durante il Festival del circo, quando il Direttore Artistico degli Antichi Bob R. White, chiacchierando con il suo vecchio amico Antonio Giarola, appassionato di circo come lui, gli aveva detto che per il primo Carnevale del nuovo millennio, quello del 2000, avrebbe voluto fare a Venezia con la Calza qualcosa di spettacoloso legato al circo e alla commedia dell’arte. Una novità assoluta. Ad Antonio, sempre molto attento e curioso, l’idea era piaciuta, e aveva dato subito la sua disponibilità. Detto fatto, i due cominciarono a pensare, prima ancora che allo spettacolo, alla struttura per ospitarlo. Scartarono subito l’idea di uno chapiteau. Troppo banale, troppo già visto. Ci voleva qualcosa di nuovo, di diverso, che fosse circo ma insieme se ne allontanasse. Un teatrino, ecco, una baracca di legno, all’antica, ma elegante, un po’ varietà, coi tavolini invece che con le file di poltrone, e un po’ circo, con la sua pista circolare nel mezzo. Antonio si ricordava di aver visto qualcosa di simile a Parigi, al Parc de la Villette, un locale chiamato «Cabaret Sauvage», dove si faceva teatro, musica e clownerie, e si poteva bere e mangiare. «Quello fa per noi» disse. A primavera, Bianchin e Giarola volarono a Parigi per un sopralluogo, con il consenso del Priore Guerrino El Lovo Lovato, che poi si recò anch’egli in Francia per dare la sua approvazione. La struttura, dissero, era perfetta. Ma da lì non si spostava. Riuscirono a risalire a chi l’aveva costruita, un belga, Mister Meder, scoprirono che ne aveva delle altre e le affittava per spettacoli, feste e concerti nei paesi del nord Europa. Presero contatti con lui, stabilirono il prezzo, i dettagli del trasporto e del montaggio (non facile, passando per le calli, bisognava smontare tutto), e convinsero il Consorzio Carnevale, che reggeva le sorti della kermesse veneziana, a investire nell’operazione la somma di 100 milioni di lire. Nel 2000 anche il nuovo Priore della Calza, Judith Jurubeba Bomfim, approvò.

E per una volta andò tutto liscio. Alcuni giorni prima dell’inizio del Carnevale l’ «Antico Salone La Bauta» faceva bella mostra di sé in campo San Polo, suscitando la curiosità e l’approvazione dei veneziani. Il Gazzettino del 24.2.2000 dedicò al nuovo teatro un grande articolo di sei colonne, con la foto della singolare struttura e il titolo: «Un’antica balera a San Polo». Aggiungeva: «Dal mattino sino a notte fonda appuntamenti per tutte le età in un teatro capace di 300 posti, e alla sera un varietà erotico vietato ai minori di 18 anni precederà i balli in maschera». «L’Antico Salone La Bauta eretto in campo San Polo sarà sicuramente, data l’artistica struttura e gli spettacoli che vi si svolgeranno, uno dei poli di attrazione di questo Carnevale» scriveva Umberto Duse, firma storica del quotidiano veneziano. Che così spiegava: «Si tratta di una suggestiva costruzione che ricorda le antiche balere francesi e che per la prima volta appare in Italia. Progettata dall’architetto belga Willy Klessens, è ricca di specchi molati, di vetri policromi e di legni finemente intagliati». «Un’originale struttura architettonica tutta in legno e specchi di aspetto vagamente retro» scriveva Sebastiano Giorgi su La Nuova Venezia del 2.2.2000. «Abbiamo realizzato un sogno, creando qualcosa che ha il sapore del circo, dell’improvvisazione, della voglia di divertirsi, dell’esibizionismo narcisista di mettersi in maschera» commentava il Procurator Grando degli Antichi Luca Colo de Fero Colferai.

2000 - Il Casanova Inquisito

Lo spettacolo che porta questo titolo, per la regia di Roberto Bianchin e Antonio Giarola, idealizzazione di Luca Colferai, va in scena per sei sere consecutive all’Antico Salone La Bauta di campo San Polo, il 25, 26, 27, 28, 29 febbraio e il 1 marzo. E sono sei serate da tutto esaurito, con 1.800 spettatori in totale. Un successo ben oltre le previsioni. E «di certo uno spettacolo intelligente» scrive Il Gazzettino del 27.2.2000, che individua la chiave del successo nella «ben costruita miscellanea fra elementi architettonici (il salone progettato da Willy Klessens in vetro e specchi è nel contempo salotto culturale e pista circense), spettacolari (musica, acrobazia, canto, contorsionismo) e propriamente teatrali, dove i temi erotici hanno abbracciato palesi e dichiarate licenziosità senza mai perdere il filo del buon gusto. Così anche le caste nudità femminili hanno giocato nel solo ambito del divertimento, della sensualità, dell’ironia». «Uno spettacolo segnato dai ritmi di una messa in scena che alternava numeri circensi ed animazioni, pezzi comici di bravura a momenti da cabaret, a improvvisazioni di una gran folla di personaggi appartenenti alla sfera del circo, della buffoneria, della tradizione e della storia veneziana – continua il quotidiano – Casanova dunque è stato non tanto un testo quale scrittura e struttura drammatica, ma il pretesto per presentare uno spettacolo unitario di arte varia, originale nell’ideazione. Molti i riferimenti storici, artistici e sociali della Venezia Serenissima sciorinati con leggerezza, altrettante le situazioni e le gag decisamente comiche».

Già l’inizio dello spettacolo è curioso. Il pubblico che arriva davanti all’Antico Salone La Bauta trova una banda di personaggi bizzarri che sembrano appartenere a una compagnia di saltimbanchi d’altri tempi: una sirena, una donna barbuta, una ballerona, un domatore di uomini, uno zanni, un ipnotico-mesmerico, un mangiafuoco, un poeta porno-necrofilo, un ambulante con la scatola del «Mondonovo» con immagini lascive, un nobiluomo-bacia-vecchie, un attore isterico che ha perduto la parrucca, presentati da un imbonitore con megafono e accompagnati da un violinista tzigano. Una volta entrato, il pubblico viene accompagnato a sedere da nobiluomini e cortigiane, frati e monachelle, maghe e ballerine, cantanti, satiri, acrobati, vergini, mezzane, amorosi, turcomanne, venditrici di profumi, sguattere, cameriere a torso nudo, pittime, pittori e ritrattisti. Finché spunta un direttore d’orchestra in frac nero, coi lunghi capelli spiritati, e dotato di un grande cornetto acustico in quanto affetto da palese sordità (Marney Taylor). Dopo aver litigato con gli orchestrali (aveva perso il violinista), parte una sigla retro e il domatore di uomini (Gianni Matteucci) libera il centro della pista con un colpo di frusta; ingresso trionfale, trainato da forzuti su una portantina a ruote, spargendo petali di fiori, del primo dei Gemellini Casanova (Luca Colo de Fero Colferai). Egli si avventura in un lungo sproloquio sulla figura di Giacomo Casanova («non era un uomo solo e non era un solo uomo») per annunciare l’arrivo del secondo, vezzoso, Gemellino Casanova tutto in rosa (Bob R. White) che comunica la tremenda notizia che «questa sera nostro fratello Giacomo verrà qui processato».

A questo punto un lungo corteo di personaggi bizzarri e fantasiosi fa il suo ingresso nella sala, e il primo filosofo giurista inquisitore (Guerrino El Lovo Lovato) ordina di condurre l’imputato davanti alla corte. Entra Casanova in catene (Maurice Agosti) scortato dagli Zaffi e abbracciato da amanti disperate al ritmo di una languida canzone di un evirato cantore (Francisco D’Andrea, sopranista, dal Venezuela). L’Inquisitore dà lettura di un pesantissimo capo di imputazione, e Casanova, liberandosi dalle catene, inizia la sua appassionata difesa: «Coltivare il piacere dei sensi fu per me, per tutta la vita, la principale occupazione.». Comincia la sfilata dei testimoni. Il primo è nientemeno che il fantasma dello stesso Casanova (Paolo Fiorindo). Poi la parola torna a Casanova, che racconta del suo incontro d’amore con la nobile e bellissima monaca Maddalena, mentre l’incontro viene rappresentato, elegantemente e eroticamente sotto una tenda trasparente, dal duo acrobatico svedese Jis En Weder (Peter e Melinda, seminudi). Seguono l’allegra parentesi delle monachelle birichine (Mafalda Malpighi, Laura Basso, Daniela Barovier, Nadia Venturi) che recitano la «Lode al Casso» di Giorgio Baffo, e l’esilarante performance dei Gemellini Casanova con le loro «Tavole Sinottiche del Casso» con cui fanno giocare e divertire il pubblico femminile chiamato a indovinare, tra i vari esemplari raffigurati su una grande tavola illustrata, «qual è quello di Giacomo Casanova». Ma sul più bello il gioco viene interrotto dall’irruzione di una singolare figura femminile, l’esuberante Giacomina Casanova, sorella di Giacomo (interpretata sempre da uno straordinario Maurice Agosti), che racconta, con parole e canzoni («La vie en rose» e persino una lirica di Baffo musicata, «La dona ga na cossa tanto bona»), della sua vita sciagurata («so navegada!») per colpa del fratello. Tocca ai Gemellini buttarla fuori, letteralmente, e introdurre il numero di maggior successo dello spettacolo, il «mano a mano» comico e d’antan dei Los Manducas (Tony e Victor Ferreira, dal Portogallo), due artisti di fama mondiale che proprio con questo numero eccezionale hanno trionfato al Festival di Montecarlo, ottenendo il massimo riconoscimento al mondo per un artista di circo. Il numero dei Manducas ottiene anche a Venezia un’accoglienza trionfale e una pioggia di applausi. Dopo la testimonianza dell’Imbonitore Guerrino, che dimostra come i più grandi artisti di tutti i tempi abbiano dedicato tempo e attenzioni a certe specifiche parti del corpo umano, Casanova tenta di difendersi dalle accuse per l’ultima volta (esperienza dopo esperienza) mentre la contorsionista Assiya (dal Kazakistan) ne accompagna le parole su una pedana, a seno nudo. È il momento del verdetto. Si fa votare per acclamazione il pubblico se Casanova sia innocente o colpevole, e l’intensità degli applausi viene raccolta da uno speciale strumento chiamato Orecchiometro, cioè un applausometro a recia. La sentenza sarà, invariabilmente, sempre la stessa : «Casanova è colpevole ed è condannato a tramutarsi in sempiterno in maschera del Carnevale di Venezia». È l’occasione per dare il via alle danze, prima con un elegante minuetto, poi con un rock scatenato, con tutti gli artisti in pista, applausi, chiamate e mazzi di fiori.

Il cast dello spettacolo (60 artisti di 10 nazioni) era formato, oltre che dagli artisti già nominati, dai musicisti della «Montecarlo All Stars Orchestra», Paolo Vianello e Marino Sartori alle tastiere, Andrea Testa al violino, Roberto Dei Rossi alle chitarre, Piergiorgio Caverzan al clarinetto e sassofoni, Piero De Conciliis alla batteria e percussioni. Altri artisti: Nadia Fabris (la sirena), Ada (la donna barbuta), Pigi & Susy (i mangiafuoco), Donato De Simone (l’uomo del faro e del Mondonovo), Giorgio Papa (l’ipnotico mesmerico), Marina Furian (Zane Goba), Rita Forcato (la ballerona), Emile Targhetta D’Audiffret, Mara e Giuseppe Bertoli (i nobiluomini), Jurubeba Bomfim (la turcomanna), Augusto Gentili, Matteo Casini, Lionello Puppi (i filosofi giuristi), Ludovico De Luigi (il pittore), Guido Longo (il ritrattista), Aldo Colferai (il Pitima), Giulia Souza Bomfim (la maga), Sandra Vigarani (Donna Lucrezia), Cleonice Silvestri (la procuratoressa), Nicoletta Lucerna (la vergine in vendita), Carlo R. Bullo (l’amoroso in omaggio), Massimo Venturi (Fra’ccarlo), Nicoletta Prevedello (la venditrice di perfumi), Bruno Bonometto (il cantante), Zanzorzi Zancopè e i suoi amici (i Zaffi), Claudia Bianchin e Anna Rigosi (le ballerine). Fondamentali, per il successo dello spettacolo, sono stati l’entusiasmo del nuovo Priore Judith Jurubeba Souza Bomfim, la professionalità e l’affetto di Letizia Giarola cui era stata affidata la non facile direzione organizzativa, e la generosità di Monica Busetto che si è occupata dei felici momenti conviviali. Dallo spettacolo è stata ricavata una preziosa, e ormai rarissima, videocassetta.

2000 - Centinaia di Denunzie Secrete

Nonostante Il Casanova Inquisito abbia drenato quest’anno quasi tutte le energie degli Antichi, questi intemerati non rinunciano comunque a mettere in scena anche altri appuntamenti di Carnevale. Il 2 marzo in piazza San Marco presentano il recital «Anime» di Paolo Fiorindo, e la sera dello stesso giorno vanno ad animare la «Festa del Tiepolo» a Palazzo Pisani Moretta. Domenica 5 poi, sempre all’Antico Salone La Bauta di campo San Polo, inscenano l’ormai consueta e sempre divertente Asta degli Innamorati condotta brillantemente dall’insuperabile Donna Lucrezia (Sandra Vigarani) con gli oggetti più bizzarri e disparati raccattati in ogni dove, mentre lunedì 6, sempre alla Bauta, discettano tra il serio e il faceto sul tema «Dalla cultura del Carnevale al Carnevale della cultura» con Matteo Casini, Augusto Gentili, Guerrino Lovato e Lionello Puppi. La sera dello stesso giorno, e ancora alla Bauta, animano la tradizionale «Festa degli Artisti» che ha visto premiato Maurice Agosti, il Casanova della Calza, come miglior artista del Carnevale, e il giorno dopo, sempre alla Bauta, danno pubblica lettura delle Denunzie secrete de’ veneziani, moltissime quest’anno che non si riesce neanche a leggerle tutte, e che toccano, in modo molto critico e divertente, quasi tutti gli aspetti e i personaggi della vita cittadina, mettendoli giustamente alla berlina. Si chiude, la sera del 7, alla Bauta, con animazioni e spettacoli alla grande festa di chiusura del Carnevale, Maskarade, un evento di «work shop e body painting» realizzato da Antonio Giarola, con una mostra fotografica di Marco Bertin sul tema del Carnevale e la partecipazione straordinaria di Isabelle Vaudel, del Cirque du Soleil, affascinante e fantastica acrobata ai tessuti. Imperdibile, e impagabile, il ballo in pista in solitario, con bacio finale inginocchiato, dei Gemellini Casanova.

2000 - Erotismo senza tabù

Non poteva mancare, naturalmente, in campo San Maurizio, il Festival Internazionale di Poesia Erotica «Baffo-Zancopè» giunto, sempre travolgente, alla sua ottava edizione, e andato in scena la sera di sabato 4 marzo con «ventuno poeti erotici in lizza provenienti dal Triveneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Campania e persino Portogallo», come informa Daniela Ghio su Il Gazzettino del 4.3.2000, definendo il festival «uno dei classici appuntamenti del carnevale veneziano a cui non si può mancare». Su La Nuova Venezia dello stesso giorno, Simone Bianchi mette invece l’accento su uno dei momenti più attesi da sempre del festival, il siparietto del «Tg Setesento» o «Se.te.sento», «che proporrà – scrive – fatti boccacceschi realmente accaduti, dal sodomita arrestato a San Marco fino al rogo del teatro di San Beneto vicino a San Fantin, simile al più moderno caso della Fenice, con la conduzione affidata ad Alfredinho Sottana, autentico sosia del giornalista Rai Alfredo Gonella».

Ma ecco come andò nella cronaca di Raffaele Rosa, apparsa su Il Gazzettino del 6.3.2000 sotto il titolo «Erotismo in versi senza tabù» : «Sesso, ma garbato. Poesia, di grande stile. Divertimento, assicurato. Successo, travolgente. Atmosfera d’altri tempi sabato sera in campo San Maurizio per l’ottava edizione del Festival di poesia erotica che ha raccolto l’esibizione di 21 poeti da tutta Italia. Il tema, si sa, era piccante, stimolante, e anche molto atteso. La cornice del Carnevale veneziano, periodo preferito anche per il famoso Casanova per scegliere le donne da corteggiare a suon di versi e garbate riverenze, ha regalato all’iniziativa organizzata dalla Compagnia de Calza «IAntichi» un tenore di grande suggestione. Parlare di sesso, anzi di erotismo in poesia si è rivelato un modo per sfatare dei tabù, per dare spazio alla ispirazione che colpisce poeti di ogni genere e che li spinge a scrivere dei versi, a tradurre in poesia dei sentimenti, dei desideri. Il Festival della poesia erotica non è stato un momento scontato, come tanti potevano pensare. Non c’è stato spazio per la volgarità, nemmeno per l’ovvietà. Ogni poesia, recitata in italiano oppure nel dialetto d’origine, ha riscosso un ottimo successo, ha lanciato un messaggio, ha fatto trasparire dei sentimenti. La giuria alla fine ha premiato la poesia di Alison Saint Clair di Austin nel Texas, che è stata preferita a Arturo Gabbi e Giovanni Da Lio, ma al di là del simbolico scettro di vincitore della manifestazione, ha colpito molto di più la partecipazione della gente. Mentre negli altri campi e nelle piazze impazzava la musica e il divertimento, in campo San Maurizio ha regnato sovrana la parola, la poesia. Trattandosi di poesia erotica, quindi un tema particolare, contava molto l’ambientazione, l’atmosfera. I costumi, le luci soffuse, le coreografie hanno però fatto centro, hanno colto nel segno».

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