Anno 1985

Dopo un blitz, in gennaio, al Carnevale di Livorno, gli Antichi tentano un altro colpo grosso a quello di Venezia: rifare dopo due secoli la «caccia ai tori», con animali vivi ma senza spargimento di sangue. Però la «corrida» della Calza, seppure non cruenta, incontra un mare di polemiche e viene annullata all’ultimo momento, sostituita dalla festa Che viva el toro!. Sempre a San Polo, per il Carnevale 1985, la Calza organizza El Balo del Moro e ripropone il Gran Balo de le Cortigiane. Si rifanno anche il mercatino delle maschere, l’omaggio a Burano e l’Ombralonga, che a maggio si gemella con la Vogalonga. L’inesauribile fantasia degli Antichi produce anche due spettacoli nuovi di zecca e di grande successo, che verranno ripresi negli anni successivi, come la Festa Barona a Carnevale, e il Trionfo di Dionigi di Naldo in ottobre. Partecipa quindi con la sua Peota solazziera al Redentore e alla Regata, e in ottobre festeggia il ritorno di Baldassare Galuppi nell’isola di Burano e dà vita a Crema a una lussureggiante festa veneziana.

1985 - Spedizione a Livorno

Venezia sbarca a Livorno, quattro giornate indimenticabili alla Gibigiana» scrive Il Tirreno del 31.1.1985 raccontando l’avventura delle Serate carnascialesche organizzate a Livorno con la complicità della Compagnia de Calza alla quale è toccato il compito di inaugurare le manifestazioni. «Per celebrare la prémière – racconta Alessandra Bocci sul quotidiano livornese – una presenza prestigiosa: quella del Gran Priore Zane Cope della Compagnia de Calza «I Antichi», una delle organizzatrici del Carnevale di Venezia (sua l’idea dello splendido Ballo delle Cortigiane e della enologica Ombralonga: fantasie venete). I componenti della Compagnia si sono presentati con stendardi e costumi cinquecenteschi, e uno di loro ha declamato ai commensali le poesie – licenziosissime! – di Giorgio Baffo, proprio come veniva e viene fatto nei campielli veneziani. Del resto a Carnevale tutto è permesso, anche i versi di un poeta un tantino lascivo»

1985 - Che viva el toro!

Gli Antichi aprono il Carnevale di Venezia 1985 in campo San Polo, sabato 9 e domenica 10 febbraio «co' fa scuro», con il «gran ballo dedicato alla razza bovina e ai suoi attributi», intitolato Che viva el toro!. Si tratta, spiegano, di una «versione aggiornata» dell’antica caccia ai tori che si svolgeva a Venezia nel periodo di Carnevale, ma senza i tori in carne e ossa, dopo che il Comune aveva deciso di annullare la riedizione della «corrida veneziana» in seguito alle vigorose proteste di varie associazioni animaliste. In sostituzione, sono andate in scena demonstrationi e giochi di tauromachia, di foga e mansuetudine, e musiche e danze con la banda spagnola La Democratica di Pedralba de Valencia, composta da ventisei musicisti, e il gruppo di danze popolari El Candil di Madrid. Poi nella notte, sotto la pioggia, in una serata dedicata ai tori e ai loro attributi, tra cui le corna, è stato eletto il Re dei Cornuti: è «un distinto signore milanese di 58 anni», informano puntuali le cronache del tempo. Ha detto di chiamarsi Ettore Rangoni e di essere titolare di un’avviata azienda di materassi in Lombardia. È arrivato sul palco di San Polo accompagnato dalla sua numerosa corte in abiti bizantini. Vestito tutto di giallo canarino, colore un tempo destinato a coloro che «vendevano le mogli», portava un enorme copricapo che serviva, a suo dire, per nascondere le corna. Era tenuto per mano dalla moglie e dall’amico in carica della moglie, che accompagnavano un nutrito gruppetto di altri amici della stessa moglie, di amici degli amici della moglie, e di una dozzina di figli in parte suoi e in parte di vari padri. Lo ha votato una speciale giuria formata dal bibliofilo milanese Carlo Scipione Ferrero, dall’esperto zoofilo Gianni Matteucci e dal Doge dei Nicoloti Mario Andreoli. «Trionfa la danza della tauromachia in campo San Polo» titolava Il Gazzettino del 10.2.1985. «Gli Antichi avevano ben altro che la pioggia che li potesse fermare – scriveva Sandro Comini – c’era infatti da rispondere, con il ballo intitolato «Che viva el toro», a tutte le sigle delle associazioni zoofile che avevano fatto saltare l’incruenta corrida che i primi programmi auspicavano proprio ieri sera. Così sotto l’acqua, fra gli ombrelli e i testoni dei minotauri di cartapesta, c’erano ieri a San Polo i cartelli dell’associazione veneziana bechéri zoofili, dell’Ente per la protezione dei testicoli taurini, dell’Associazione italiana cornutiAnche uno striscione: «No al toro in provetta». Le «espanoladas» della banda di Padralba di Valencia hanno contrappuntato la morte nel pomeriggio, benché avanzato, degli attributi taurini che di necessità sostituivano i tori veri. Il ballo spontaneo ha fatto il resto. Il bollettino del primo giorno vede perdente la pioggia».

1985 - Mafalda Malpighi confermata Regina delle Cortigiane

La seconda edizione del Gran balo de le Cortigiane, sabato 16 e domenica 17 febbraio in campo San Polo, tra «stupende cortigiane, suonatori spagnoli e magnifiche maschere», ha ottenuto «un enorme successo», titola «Venezia 7» del 18.2.1985. «Un’entrata in grande stile, in portantina – racconta Michela Rizzo – tra la gente che curiosa le faceva spazio, acclamatissima, è arrivata la trionfatrice dello scorso anno, la Contessa Mafalda Malpighi, stupenda, provocante, scollatissima, incurante del freddo e di chiunque le si avvicinasse è entrata perfettamente nella parte della Cortigiana, inneggiante, maliziosa ai «suoi cari, amati clienti». L’arrivo delle altre non l’ha intimidita per niente, ha continuato a sostenere il ruolo della prima donna per tutta la durata della festa, ben conscia delle sue grazie». Sarà stata la Malpighi o la musica spagnola del gruppo La Democratica di Valencia a riscaldare gli animi, saran state le trovate divertenti dei Chille de la Balanza, fatto sta che ad uno Zancopè «più simpatico del solito» in veste di mattatore della serata, a un certo punto è sfuggita, volutamente o meno, la situazione di mano, e da quel momento sul palco «è successo di tutto». Tra una sfilata di una vera spagnola e un’esibizione meno gentile di una mandria di mucche capeggiata da un toro superdotato – scrive la Rizzo – si sono inseriti un capitano di mare, una cortigiana dalle movenze mascoline, un vecchio repellente pornografo, mentre una trentina di pecore pascolanti tra il pubblico chiedeva l’accesso al palco. «Ma il culmine della festa è stato raggiunto nel finale, al momento della verità, quando invitati a pronunciare il verdetto i giudici, alcuni compagni de calza, non sono riusciti a raggiungere un accordo. La faccenda si è risolta nominando quattro finaliste (Malpighi esclusa) che avrebbero dovuto offrire una dimostrazione gratuita di capacità professionale al voglioso principe, nella portantina». Se tre delle prescelte, la principessa Tarnovska, la delicatissima francese Brigitte, ed una cipriota hanno accettato, «la più bella, Lucrezia, ha invece rifiutato sdegnata». Morale della festa: la Contessa Mafalda Malpighi, «troppo splendida e ammiccante per conoscere avversarie», si è vista confermare Regina delle Cortigiane 1985. La bella Lucrezia Borgia, per tutti Donna Lucrezia, «una nota signora veneziana affascinante e temibile», come la definisce Antonella Federici su Il Gazzettino del 18.2.1985, non poteva però venire in alcun modo ignorata. Perciò è stata eletta «Cortigiana ad honorem» per la sua particolare avvenenza. Un altro colpo di fulmine e un altro botto per la Compagnia de Calza. Perché Donna Lucrezia, dietro i cui veli si nascondevano le morbide fattezze di Sandra Vigarani, da quella sera diventava una delle protagoniste più applaudite in feste e spettacoli e una delle colonne portanti degli Antichi, che avrebbe seguito in tutte le avventure degli anni successivi e non avrebbe mai più abbandonato, dando vita a una accesa rivalità fra primedonne con la Contessa Malpighi che dura tuttora, a dispetto del tempo e delle sue ingiurie, fra lazzi e maldicenze, perfidie ed allegria.

1985 - El Balo del Moro

Ritmi, fantasie e tradizioni dell’Africa nera, con la «faccia scura» di rigore per tutti i partecipanti. Questo il tema che chiude le manifestazioni a San Polo l’ultimo di Carnevale, martedì 19 febbraio. Una gran sarabanda animata dai musicisti e dai ballerini del gruppo africano Hi-Life International che fino a notte fonda hanno alternato musiche tribali e antiche danze popolari. Un gran finale, spiegavano gli Antichi, dedicato «ai sogni e alle fantasie» di Venezia, ai mondi magici che si aprono non appena si chiudono gli occhi, e in questo caso ai ritmi, ai colori e alle tradizioni dell’Africa nera. «Come dimenticare i mori di Venezia che tanta parte hanno avuto nella storia di questa città?» si affannava a spiegare dal palco il Gran Priore invitando tutti a dipingersi la faccia di scuro «per stare al gioco, all’improvvisazione, alla provocazione, e per dare libero sfogo alla propria fantasia». Gruppi di «mori», al culmine della grande festa, sul palco ormai completamente invaso dalla folla, hanno quindi celebrato a modo loro, a ora molto tarda, la morte del Carnevale.

1985 - Le maschere artigianali contro quelle industriali

Torna, per il secondo anno consecutivo, il Mercatino de le Mascare e de i Mascarari in campo San Maurizio dal 9 al 19 febbraio. Un’iniziativa promossa dagli Antichi in collaborazione con la Cna, il Comune e la Camera di Commercio, in cui una trentina di mascherai veneziani espongono le loro maschere «per favorire la diffusione e la tutela della maschera artigianale, tradizionale, in contrapposizione alle maschere prodotte industrialmente che hanno ormai invaso il mercato». Il mercatino è stato allietato da musiche rinascimentali e gruppi di mimi.

1985 - All’assessore Cecconi la maschera della miseria

Proseguendo la battaglia iniziata nell’83 con «Mascarar» in favore del mascheramento, la Compagnia de Calza ha stampato quest’anno due curiosi attestati, che ha distribuito per la città durante il Carnevale: il diploma di «bea mascara» e quello di «mascara da miseria». Il primo per le maschere davvero più belle, più eleganti e più intelligenti, oltre che rigorosamente artigianali, il secondo per le maschere più brutte, più povere, di plastica, di carta, fatte a Taiwan, che appunto «fanno miseria». «Blitz degli Antichi, i compagni de calza danno la caccia alle maschere brutte» titola Il Gazzettino del 12.2.1985. «Gli Antichi, i compagni de calza che per due giorni hanno matato tori finti in campo San Polo – scrive Sandro Comini – vanno anche in giro a distribuire diplomi di brutta maschera, con tutte le motivazioni del caso. Hanno trovato per strada l’assessore al Carnevale Maurizio Cecconi, lui maschere non ne indossa se non la sua solita, barba e capelli. Gli Antichi non perdonano, e gli hanno piazzato in mano uno splendido diploma di maschera da miseria».

1985 - Dispetti tra Calze al corteo acqueo: «Quegli scozzesi eravamo noi»

La sfilata del corteo delle società remiere in Canal Grande, il 10 febbraio, al quale ha partecipato la Compagnia de Calza I Nuovi Cortesi (nata da una costola malsana degli Antichi), è stato funestato, racconta Il Gazzettino dell’11.2.1985, non solo da «un freddo micidiale» e da un «inatteso forfait delle bissone del Comune», ma anche da «un tradizionale dispetto tra Compagnie de Calza». «Gli Antichi (pare fossero loro) – scrive il quotidiano veneziano – hanno suonato lungo il Rio di Cannaregio, vestiti da scozzesi, strumenti a fiato rumorosissimi, che coprivano le voci dei coristi. Poco male, il percorso era lungo, e poi è tradizione di farsi qualche dispettuccio». A vent’anni di distanza, sentito il parere del Gran Priore attualmente in carica, sciogliamo il vincolo di silenzio e d’omertà che ci eravamo imposti all’epoca, e confermiamo il sospetto del Gazzettino: quegli scozzesi eravamo noi.

1985 - Sull’isola luminosa sbarca la follia

Anche quest’anno, nella giornata di martedì 12 febbraio, gli Antichi decidono di partire per la laguna per il tradizionale Omaggio a Burano, l’isola che ha sempre saputo mantenere in vita il proprio Carnevale. Gli Antichi, Priore in testa, sono partiti al gran completo, con gli stendardi, gli araldi, i nobiluomini, le cortigiane, i pifferi e i tamburi, sono saliti sulle barche, a dispetto di un vento gelido, e hanno fatto festa per le strade di Burano sino a notte fonda. «Sotto lo stendardo degli Antichi che sventola al sole per segnalare a maschere e foresti di passaggio la presenza della prestigiosa e ormai culturalmente affermata Compagnia – scrive Venezia 7 – si vanno raccogliendo i partecipanti della carnevalesca visita diplomatica». «Quel che non poté fare Napoleone poterono le maschere – racconta Sandro Comini su Il Gazzettino del 13.2.1985 – gli Antichi come ogni anno ieri sono andati a significare la gratitudine della Serenissima alla sua isola lontana nella laguna. Hanno navigato nel vento con gli araldi e le cortigiane, ebbri di vino e della luce di cristallo del pomeriggio, pifferi e tamburi, per portare l’omaggio del Carnevale risorto a chi, i buranelli, non l’aveva mai voluto credere morto». «Come in questi casi deve succedere – aggiungeva Comini – di questa navigazione vi sono notizie soltanto per quanto riguarda l’andata: del ritorno forse sapremo, come degli eroi omerici, quando agli dei piacerà».

1985 - Un inedito Baffo a San Maurizio

Non poteva mancare, come ogni anno, l’omaggio a Giorgio Baffo, resuscitato dagli Antichi. Quest’anno è stato presentato in campo San Maurizio, a mezzogiorno di mercoledì 13 febbraio, un nuovo libro dedicato all’opera del grande poeta erotico del Settecento veneziano. Si tratta di un volume dal titolo «Giorgio Baffo inedito» a cura di Carlo D’Altilia e Adriano Favaro, Cgs Edizioni, che raccoglie una cinquantina di poesie inedite del Baffo, oltre a un saggio critico e ad una biografia ricca di nuovi documenti. Al termine della presentazione in campo, molto affollata, il Gran Priore ha letto alcune liriche di Baffo.

1985 - Festa Barona

Qualcuno l’ha definita «la più grossa sorpresa» del Carnevale di Venezia 1985. Altri hanno parlato di «festa vietata ai minori», altri ancora di «Settecento a luce rossa». La Festa Barona, andata in scena giovedì 14 febbraio in campiello Pisani, è stata il vero clou del Carnevale. Una «festa birichina» a lume di candela, che ha riportato in vita il Carnevale di Venezia del 1750, con la città tornata per una sera a popolarsi di personaggi famosi come Giacomo Casanova, Giorgio Baffo, Francesco Guardi, Carlo Goldoni, Gaspare Gozzi, Marina Querini Benzon, Giovanni Battista Manuzi, e di altri curiosi e stravaganti interpreti, nella magia di un campiello veneziano di duecento anni fa. Con cartomanti, bari, burattinai, musici, cantanti, cantastorie, ballerini, ciarlatani, funamboli, odalische, dottori, cavadenti, pescatori, maschere, tricorni, libri, stampe, un antico banco del vino ricostruito dalla pregiata casa vinicola Collavini di Corno di Rosazzo (Udine) e antiche pietanze veneziane. «Quel luogo unico e sconosciuto, benché lì a due passi dalla strada di tutti i giorni, che è campiello Pisani dietro Santo Stefano – ha scritto Sandro Comini su «Il Gazzettino» del 15.2.1985 – gli Antichi lo hanno mascherato da Venezia settecentesca, con le torce e le candele, per una festa «barona», come dire un po’ gaglioffa e un po’ birichina, in compagnia di Giorgio Baffo e di Giacomo Casanova, ultimi eroi vitalisti di un mondo già sull’orlo del razionalismo dei Lumi. Eros parlato quello di campiello Pisani, eros comunque, chiave di irrazionalità, eppure ingannevole e sfuggente, ambiguo quanto la maschera». «Gli Antichi, grazie ad una regia abilissima e discreta – ha raccontato Toni Jop su «L’Unità» del 17.2.1985 – sono riusciti in campo Pisani a ricreare un angolo credibilissimo e gustoso della Venezia del Settecento, un’idea geniale che si candida come il migliore tra i molti suggerimenti prodotti dai vari soggetti della festa per le prossime edizioni del Carnevale. Abolita l’illuminazione elettrica, la grande scena è stata rischiarata da una quantità di torce che da sole hanno inventato un’atmosfera insospettabile e affascinante: banchi per la mescita del vino serviti da osti in costume, bande di giocolieri e gigioni da strada che improvvisavano scenette d’altri tempi, cantastorie, teatrino di pupazzi, giochi d’azzardo, cortigiane e prostitute mescolate tra la folla: peccato sia durata una sola sera».

1985 - 2.500 litri di vino prosciugati all’Ombralonga

Anche la seconda edizione dell’Ombralonga, la «marcia enologica in maschera non competitiva» partita venerdì 15 febbraio da San Polo, è stata un successo. Duemila e cinquecento litri di vino messi a disposizione gratuitamente dalla casa vinicola Collavini di Corno di Rosazzo (Udine), di proprietà del compagno de calza Manlio Collavini, pari a qualcosa come diecimila «ombre», sono stati «prosciugati» dai numerosissimi concorrenti, vestiti coi pettorali bianchi e rossi, lungo un percorso che conduceva alla scoperta delle zone meno conosciute della città. L’Ombralonga ha visitato il bistrot Ai do draghi a San Polo, l’osteria Da Codroma al ponte del Soccorso, la trattoria Anzolo Raffaele a Dorsoduro, il comitato Noi di San Vio all’Accademia, l’osteria Al Bacareto a San Samuele, la trattoria Anima Bella a San Marco e il banco di Rialto Mio in pescheria a Rialto. «Un’altra bravata degna di nota messa a segno dal capo della Compagnia, l’antiquario veneziano Zancopè – ha scritto Toni Jop su L’Unità del 17.2.1985 – l’Ombralonga, che nella serata di venerdì ha trascinato per le calli del centro storico una massa incredibile di gente a caccia di vino messo gratuitamente a disposizione da un vinaiolo friulano, il signor Collavini: 2.500 litri, tutti bevuti a garganella da un esercito sempre più scomposto, felice e in cerca di sostegno sulle antiche mura della città».

1985 - Il corno dogale al presidente della Regione

C’era bisogno di un Doge, anticamente, cioè della più alta autorità cui competeva concedere i permessi, per le feste di Carnevale. Perciò la Compagnia de Calza la mattina di martedì 19 febbraio, ultimo giorno di Carnevale, ha ufficialmente insignito del corno dogale il presidente della Regione del Veneto Carlo Bernini, nel corso di un incontro che si è svolto a Palazzo Balbi. Con tutti gli Antichi nei loro costumi settecenteschi, c’erano il Gran Priore Zane Cope, gli stendardi, gli araldi e i musici del quartetto chitarristico veneziano diretto dal Maestro De Nardis. A Bernini sono stati donati i volumetti «La festa barona», «Cazza al toro», «Ombralonga», l’elenco delle Cortigiane e un’antologia dei sonetti di Giorgio Baffo. Il presidente e la giunta regionale hanno ringraziato gli Antichi della visita e si sono complimentati per il successo delle iniziative organizzate a Carnevale dalla Compagnia.

1985 - Polemiche sulla regia della festa

Il Carnevale si chiude tra le polemiche sulla mancanza di un regista. Il Gran Priore degli Antichi Zane Cope rilascia questa dichiarazione: «Il Carnevale di Venezia non ha bisogno della disco-music, non ha bisogno nemmeno di Piazza San Marco, specialmente se la piazza viene trasformata in una balera di periferia o, ancora peggio, in una mega discoteca. Il Carnevale ha solo bisogno di idee, di fantasia, di qualità, e di trarre ispirazione dalle più antiche e genuine tradizioni popolari della città facendo protagonisti prima di tutto i veneziani, che devono essi stessi diventare i veri animatori e registi del Carnevale, coordinandosi naturalmente con le istituzioni, ma senza che ciò significhi imposizione di scelte dall’alto. In questo senso la presenza di un regista, pure di grido, preso a prestito dal cinema o dalla televisione, non produrrebbe altro risultato che quello di stravolgere la venezianità del Carnevale per farlo diventare un prodotto o troppo di consumo o troppo intellettualistico, tanto più che una scelta simile potrebbe venir suggerita da interessi politici. E questo sarebbe letale». Secondo il Priore infatti, «il Carnevale quest’anno ha cominciato a dare dei segni di stanchezza, e si sono viste meno maschere e meno costumi, si è avvertito nell’aria il pericolo di un degrado culturale e qualitativo, e di un imbarbarimento del modo di divertirsi. Sulla base dell’esperienza acquisita in questi anni e del rapporto instaurato con la gente – aggiunge Zane Cope – la Compagnia, l’unica in tutti i Carnevali a progettare e gestire le feste a tema nei grandi spazi aperti a contatto diretto con le masse, è in grado di reagire subito indirizzando l’attenzione verso quelle soluzioni capaci di ridare anzitutto dignità al Carnevale. Questa strada noi crediamo di averla indicata soprattutto con iniziative come quelle della Festa Barona e del Gran Ballo delle Cortigiane, chiari esempi di come dovrebbe essere il vero Carnevale di Venezia».

1985 - L’Ombralonga a Vogalonga

Era destino che prima o poi dovessero incontrarsi, la maratona remiera e quella enologica. È successo, per iniziativa degli Antichi, domenica 5 maggio 1985 nel canale di Mazzorbo, dove la Peota Sollazziera della Compagnia ha offerto «ombre de vin bon», fornito dall’azienda vinicola friulana Collavini, a tutti i vogatori impegnati nella tradizionale Vogalonga. «Quattromila rematori col pieno di tocai, singolare ristoro lungo il percorso della regata» titola Il Corriere della Sera del 6.5.1985. «A Mazzorbo la novità di questa undicesima edizione – scrive Claudio Pasqualetto – un rifornimento a base di tocai e merlot friulano, in tutto 2.000 litri messi a disposizione da Manlio Collavini per creare un gemellaggio tra Vogalonga e Ombralonga carnevalesca, inventata dalla Compagnia de Calza «I Antichi». Singolare anche la scenografia del rifornimento: botti e damigiane infatti erano piazzate su una Peota Sollazziera, tipica imbarcazione del Settecento riccamente addobbata, dalla quale i compagni de calza in abiti d’epoca hanno distribuito con dovizia le ombre». «Imbriaghi inabissati non se ne sono visti – racconta Giorgio Cecchetti su La Nuova Venezia del 6.5.1985 – ma qualcuno ha rischiato di non ripartire più dopo essersi fermato accanto alla peota sollazziera che distribuiva ombre di qualità».

1985 - La Peota Sollazziera al Redentore e alla Regata

La Peota Sollazziera della Calza, che ha debuttato alla Vogalonga e ha partecipato con successo, molto ammirata da un pubblico divertito e incuriosito, alla festa del Redentore del 27 luglio e alla Regata Storica del 1 settembre, è stata ricostruita per l’occasione dagli Antichi sulla base degli antichi modelli dei burchielli settecenteschi. Si tratta di una grossa imbarcazione, di cui si hanno notizie sin dal Cinquecento, che era adibita, come dice il nome, al sollazzo e al piacere di andar per acqua, divertendosi e pigliando il fresco. Sopra un grande barcone è stata costruita una casetta di legno, finemente decorata e addobbata, che si è trasformata in un salotto galleggiante dove gli Antichi, accompagnati da attori, musicisti, damigiane di vino e cibi della tradizione, si sono ritrovati per far festa, giocare, cantare e danzare, mangiare e bere in allegria. «L’allegria della barca dei Compagni de Calza contrastava un po’ con la compostezza delle autorità nella galleggiante – scriveva Gianluca Comin su Il Gazzettino del 30.7.1985 commentando il Redentore – a bordo della peota sollazziera i corni, le trombe barocche, i tamburelli hanno ricreato il clima godereccio e spassoso degli antichi Redentori. I costumi e i tricorni illuminati dalle torce, dai «baloni» e dai bracieri, hanno offerto uno spettacolo unico soprattutto ai veneziani che seguivano la barca».

1985 - La Giostra su barche a Mazzorbo

L’antica giostra cavalleresca su barche, realizzata gli anni scorsi dagli Antichi sulle acque di Castello per la Festa di San Pietro, quest’anno è stata spostata sulle acque del canale di Mazzorbo, dove i campioni della Compagnia si sono impegnati, sabato 29 giugno, sulle imbarcazioni a remi mosse dai vogatori della società «Voga e Para» di Burano, incoraggiati dal tifo assordante dei sostenitori delle opposte fazioni assiepati sulle rive. A bordo delle robuste caorline attrezzate al combattimento navale, ciascuna con sei rematori, hanno preso parte dieci campioni armati di una lunga lancia da torneo, divisi in due squadre.

1985 - Caetano Veloso per «cavar la calza»

Il grande cantante brasiliano Caetano Veloso è stato l’ospite d’onore degli Antichi a una curiosa e inusuale cerimonia che si è svolta la sera di sabato 25 maggio in campo San Maurizio, per «cavar la calza» a un compagno «costretto» a dare le dimissioni dalla Compagnia, che «ha sfilato la calza rossa, gialla e viola in mezzo al pubblico – racconta La Nuova Venezia del 27.5.1985 – e l’ha consegnata nelle mani del Priore Zane Cope». Il nuovo consigliere di quartiere Checco Casellati, eletto nelle fila del Pri, ha dovuto così rinunciare alla Compagnia perché incompatibile con lo statuto degli Antichi che non ammette cariche pubbliche per i propri aderenti. In una magica atmosfera a lume di candela la festa e il banchetto, a base di pesce e di vino, è durato fino a tardi, allietato dalla magica voce di Caetano Veloso che ha cantato alcune delle sue più note canzoni.

1985 - Veneziano, educa il tuo turista

Dopo i diplomi carnevaleschi di maschera «da miseria», la Calza inventa i diplomi di «Turista da culo», che distribuisce ai turisti scostumati che sporcano la città e vanno in giro mezzi nudi. È una «campagna di sensibilizzazione» civile che le «ronde» degli Antichi, capitanate dal Doge dei Nicoloti, portano avanti nei mesi di agosto e settembre. Il manifesto che annuncia l’iniziativa riprende un uomo in frac con i baffi all’umberta, un papillon immacolato e sotto la scritta: «Veneziano, non delegare ad altri i tuoi doveri de paròn de casa, educa il turista maleducato». «Se vedi un turista in mutande – spiegava il Priore – digli con gentilezza: permetti, sono veneziano, ma tu vai in giro così nella tua città? Mettiti anche tu una maglietta, come ce l’ho iosei in casa mia, rispettami per piacere». La «campagna» ha successo, se ne occupano giornali e tivù. «La Calza decide di rivestire gli ignudi, e a chi sporca una pergamena di demerito» titola La Nuova Venezia del 25.9.1985. «Turista, copri le tue vergogne» strilla L’Europeo del 5.10.1985. «In costume del Settecento i compagni de calza I Antichi hanno invitato i senza creanza a non fare picnic e a rivestirsi» racconta Il Gazzettino del 16.9.1985. «Riuscita ronda degli Antichi in piazza – scrive Leopoldo Pietragnoli – interrotti molti pranzi al sacco».

1985 - A Crema la magia del Settecento

Trasferta autunnale a Crema per gli Antichi, che domenica 6 ottobre hanno fatto rivivere nell’antico mercato austroungarico di piazza Trento e Trieste, la magia di un’antica festa veneziana del 1750. La Festa a Crema veneziana ha visto una corte variopinta animare un campiello di duecento anni fa, con Giacomo Casanova, Giorgio Baffo, Francesco Guardi, la Regina delle Cortigiane Mafalda Malpighi «accompagnata dalla sensuale ed esotica Fatme, schiava turca danzatrice del ventre», il cartomante Andrea Vitali, il gondoliere «maestro d’acque» Amedeo Memo detto Memo. E poi cantastorie, burattinai, osti, medici, ciarlatani, pornografi, musici. Durante la festa, culminata in un gran ballo, sono stati cucinati sul posto da Franco De Cal, Gianni Matteucci e Albino Costantini, e offerti agli spettatori, quintali di frittelle veneziane e di pesce fritto «alla buranella». Ha suonato, con strumenti d’epoca, l’ensemble corale e strumentale di musica barocca Dulcimelo. «Un tentativo riuscito – scrive Luca Colferai su Venezia 7 dell’11.10.1985 – di esportare non solo il Carnevale di Venezia, ma anche quello spirito del garanghelo che trova negli Antichi i più instancabili sostenitori». La città di Crema ricambierà esportando a Venezia i propri tortelli. La trasferta lombarda della Calza è rimasta memorabile per un curioso accidente: il pullman che trasportava la Compagnia, e che all’andata era stracarico di cassette di pesce da cucinare alla festa, al ritorno era così impregnato dell’odore del pesce, da renderne l’atmosfera praticamente irrespirabile, e da causare parecchi malori, nessuno dei quali fatale, tra gli Antichi.

1985 - Galuppi lascia Burano

Festa grande sull’isola di Burano, domenica 20 ottobre, per salutare in occasione del secondo centenario della morte, uno dei suoi figli più celebri, il compositore Baldassarre Galuppi detto «Il buranello». La Calza, con la complicità di Margot Galante Garrone e dell’attrice Maria Pia Colonnello, ricostruisce in una piazza felliniana, tra musici e maghi, dottori e cavadenti, astrologi e preti (si aggiravano anche Rossini e Wagner in incognito), la festa per la «dolorosa partenza» di Galuppi per la lontana Russia. La festa, organizzata in collaborazione con il Centro di ricerche musicali Galuppi e il consiglio di quartiere, inaugurava le celebrazioni per il bicentenario della morte del musicista. «Un’opera nuova e dedicata alla gente di Burano – scriveva Elisio Trevisan su Il Gazzettino del 21.10.1985 – per loro circa duecento persone si sono prodigate in questa rappresentazione dove il pubblico diventava attore in una piazza stracolma». A impersonare intensamente Galuppi, un buranello autentico come il gondoliere e compagno de calza Amedeo Memo.

1985 - Il Trionfo per Dionigi di Naldo

«Le grandi vampate di fuoco che si sprigionavano dalla bocca dei saltimbanchi di Assisi e gli schiocchi delle lance di legno dei lanzichenecchi bavaresi di Landshut hanno attratto nel pomeriggio di ieri centinaia di veneziani e turisti in campo San Polo». La Nuova Venezia del 27.10.1985 cominciava così il racconto del Trionfo per Dionigi di Naldo da Brisighella condottiero della Serenissima, uno dei più imponenti, più importanti e più riusciti eventi ideati nel corso della loro storia dagli Antichi, che è andato in scena sabato 26 ottobre in vari luoghi di Venezia. È stato infatti con una serie di celebrazioni rinascimentali, fra giochi di guerra, cerimonie religiose e militari, musiche e danze, che la città ha ricordato la figura di Dionigi di Naldo da Brisighella, il più fedele tra i condottieri al servizio della Serenissima Repubblica, che dopo aver lungamente combattuto e vinto con i veneziani, morì il 24 luglio 1510 in conseguenza delle eccessive fatiche sopportate durante l’assedio di Padova e venne quindi sepolto, per decreto del Senato, nella Basilica di San Zanipolo (SS. Giovanni e Paolo) dove gli è stata dedicata anche una statua in cui egli figura scolpito nel marmo, in piedi con in mano una lancia, per opera dello scultore Lorenzo Bregno.

Per ricordarlo, è stato messo in campo un imponente schieramento di cinquecento persone nei costumi dell’epoca, attendate in un accampamento allestito a San Polo, che hanno dato vita alla rievocazione di un’intera giornata in cui si sono susseguiti vari avvenimenti, dalle giostre guerresche ai pubblici banchetti. Per l’occasione, duecento e cinquanta abitanti di Brisighella (Ravenna) sono giunti in pellegrinaggio a Venezia per rendere omaggio al loro condottiero. Con loro, le genti di Val di Lamone, in Romagna, che adorano Dionigi come eroe nazionale, gli Armati del «Rione Giallo» di Faenza, la Brigata dei Fuochi della nobilissima «Parte di Sopra» di Assisi con la banda dei venti tamburi, e centocinquanta Lanzichenecchi di Landshut in Germania. La giornata è cominciata di primo mattino con l’assembramento delle truppe ai Giardini Papadopoli, da dove si è mosso, lungo la Strada Nova, il corteo del popolo di Brisighella diretto alla Basilica dei SS. Giovanni e Paolo. Qui il corteo è stato ricevuto dagli Antichi, che hanno organizzato la manifestazione insieme ai Comuni di Venezia e Brisighella, e alle 10.30 nella Basilica è stata celebrata una «messa per la pace» secondo il rito antico, con le armi deposte in grandi mucchi davanti all’altare, che è stata officiata dal parroco, anch’egli compagno de calza: l’ineffabile, coltissimo e brillantissimo Padre Pio, che la Regina delle Cortigiane, Contessa Mafalda Malpighi, tentava inutilmente di corteggiare sussurrandogli all’orecchio una maliziosa canzoncina da lei testé inventata : «Padre Pio / Padre Pio / sono presa dal desìo / ho la coca che mi tira / come corde di una lira».

Dopo la cerimonia religiosa le truppe si sono spostate in piazza San Marco dove, sul far del mezzogiorno, hanno dato vita ad una demonstratione con giochi di guerra, musiche e canti. Si sono quindi dirette verso campo San Polo dov’era stato montato il campo militare. Qui, nel pomeriggio, ha avuto inizio la demonstratione dei cento e cinquanta Lanzichenecchi di Landshut che maneggiavano lance lunghe quattro metri e mezzo, con attacchi e difese delle fanterie, esibizioni di arti marziali, musiche e canti. Quindi è stata la volta della brigata del Pesce-Porco di Assisi con disfide e attacchi notturni. Gustoso siparietto, con spogliarello pubblico per la vestizione, la consegna del premio Calza d’Oro per la venezianità, al giornalista Roberto Bianchin, cantore e storico degli Antichi. La giornata si è chiusa con una gran cena al campo in cui si sono sfidati i ristoranti Gigiolè di Brisighella e Do Forni di Venezia, e i vini Vallunga di Marzeno e Collavini di Corno di Rosazzo. «Il programma è stato intenso e spettacolare e ha coinvolto tutto il centro storico» ha scritto Gianluca Comin su Il Gazzettino del 27.10.1985. «San Polo offre il colpo d’occhio di una risorta corte rinascimentale raffinata e gaudente – scriveva Maria R. Calderoni su L’Unità del 6.11.1985 – per merito degli Antichi, teatranti e gran signori del risorto Carnevale, mecenati e colti banditori di feste». «Una ricostruzione perfetta di un campo militare dell’epoca» annotava Claudio Pasqualetto su Il Corriere della Sera del 27.10.1985. E Gigi Bevilacqua su La Stampa del 28.10.1985 sottolineava che la festa «ha divertito sia i veneziani che i turisti». Unico neo: un «disperso», nel bollettino di guerra dell’invasione dei Lanzichenecchi. Trattavasi di un maialino di venti chili giunto al seguito degli armati di Brisighella e misteriosamente scomparso – vivo – sabato sera durante la festa. Del maialino non si sono più avute, neanche in seguito, notizie.

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